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Attualità

MEDIA WAR

SERGIO REDAELLI - 20/05/2022

????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????Come parlano di guerra i media italiani? Si azzuffano e non è il massimo, ma il dibattito delle idee è il sale della democrazia. Ciò che non è degno di un Paese civile – e che lo fa rassomigliare alla Russia di Putin – è la censura, la tentazione di impedire che ogni voce possa esprimersi. La libertà di opinione è un principio stabilito dalla Costituzione e fosse anche quella d’un amico di Putin va ascoltata, l’importante è fornire gli elementi per valutarne le parole. Informare è rendere noti anche argomenti sgraditi e non condivisibili e un talkshow è utile se dà conto delle diverse posizioni. L’ultima parola, poi, resta al lettore-ascoltatore.

La tv pubblica fibrilla. Sulla graticola è finito il programma di Bianca Berlinguer in onda il martedì in prima serata su Raidue che a dispetto di uno share superiore al 6% rischia la chiusura. Motivo ufficiale “il format del talkshow non è più ideale per fare approfondimento”. Motivo probabile: dà troppo spazio a ospiti critici verso la Nato come Alessandro Orsini, la docente di filosofia teoretica alla Sapienza di Roma Donatella di Cesare e opinionisti “vicini a Mosca”. Sulla vicenda “indaga” il Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica presieduto da Adolfo Urso (Fratelli d’Italia) che ha sentito l’amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes. Provvedimenti restrittivi in vista?

La politica ci mette il becco in nome “della difesa dell’autonomia dell’informazione e del pluralismo”, ma il rischio è che tutto si traduca proprio in una forma di censura delle voci fuori dal coro, tacciate di spionaggio russo, di antiamericanismo. Spesso è solo ricerca dei picchi d’ascolto ma la concorrenza aiuta, alimenta il confronto. Il Tg4 di Mediaset intervista il ministro della difesa russo Sergey Lavrov (con coda di polemiche per le domande accomodanti), La7 dà la parola all’anchorman Vladimir Solovyev amico di Putin sanzionato dall’Unione Europea e Raiuno fa lo scoop collegandosi con il presidente ucraino Vladimir Zelensky.

Sentire tutti i pareri, con professionalità, è il mestiere dei giornalisti. Lo stesso Zelensky, in collegamento con Bruno Vespa a Porta a Porta, critica la Via Crucis di papa Francesco: ci sta, è il suo pensiero. Lui deve difendersi con le armi dall’aggressione russa, il papa reclama la pace e riportare il punto di vista di entrambi è giornalismo. Lo è anche polemizzare, perfino litigare. Così Furio Colombo, storica firma del Fatto Quotidiano, rifiuta di continuare a collaborare con un giornale che dia fiato a Orsini e viene bacchettato dal direttore Marco Travaglio (“Siamo un giornale, non una caserma”).

Volano gli stracci in prima pagina. Il critico televisivo Aldo Grasso attacca sul Corriere la prof Donatella Di Cesare rimproverandola di scambiare per “annessione” l’adesione di Svezia e Finlandia alla Nato e la invita a tornare “sui libri”. Lei risponde denunciando aria di squadrismo contro chi dissente. Rimedi? C’è chi auspica più training per i conduttori tv; chi propone ospiti dei talkshow a rotazione e gratuiti e chi osserva che non si può essere schiavi dello share: meglio i Question Time della inglese Bbc che mettono a confronto pubblico e politici. Tutto è migliorabile, siamo in democrazia.

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