I media si interrogano sulla possibilità di elezioni anticipate in autunno per le fibrillazioni nella maggioranza di governo soprattutto ad opera di Giuseppe Conte e dei suoi cinquestelle. Ma anche Salvini non scherza con i suoi alti e bassi e le sue svolte.
Non credo affatto alle elezioni in autunno pur essendo fra coloro che, in condizioni meno drammatiche, non riterrebbero patologico il ricorso alle urne prima della scadenza naturale. La Spagna ne ha avute tre in un breve periodo per trovare una stabilità che sta reggendo bene.
La guerra in Ucraina, scatenata dall’aggressione russa ad uno Stato sovrano, probabilmente continuerà per un certo tempo con effetti economici pesanti anche da noi ed è bene non entrare subito e pienamente in una infuocata campagna elettorale con un governo che si sentirebbe destabilizzato.
Dopo la fine del “Conte due” avevo per un attimo pensato alle elezioni anticipate per mettere fine alla peggior legislatura che l’Italia abbia mai avuto: prima un governo Cinquestelle-Lega finito fra le offese reciproche dei due protagonisti. Poi il suo contrario con i Cinquestelle e il centrosinistra. Infine una larga ed eterogenea maggioranza giustificata dall’emergenza Covid ed ora dalla guerra in Europa.
Di più, i grillini, vincitori del 2018, stando ai sondaggi hanno almeno dimezzato i loro voti e anche nel destra-centro sono cambiati gli equilibri con il probabile sorpasso della Meloni su Salvini mentre il centrosinistra sta tendando con Conte una difficile alleanza che pare indebolirsi col tempo che passa.
Questo quadro potrebbe davvero giustificare una pulsione verso il voto? La risposta è no anche se in ballo ci sono solo sei mesi, ma lunghi e tormentatissimi sei mesi. Vero che abbiamo una maggioranza confusa e incerta su punti rilevanti e delicati. Finora, però, il governo ha tenuto bene la rotta del fronte occidentale imprimendo più forza europea nei confronti degli Stati Uniti.
Non mi convincono per nulla certe iperboli come quella di Bruno Tabacci, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, che ha ripetutamente paragonato il recentissimo e utile viaggio di Draghi a Washington a quello fondamentale e decisivo di De Gasperi nel 1947: un’equiparazione azzardata e improponibile.
Il viaggio di Draghi è stato però positivo perché fatto anche in nome dell’Ue e dei suoi interessi economici e sociali. L’indiscutibile atlantismo di Draghi gli ha consentito di lanciare suggerimenti e moniti al grande alleato e di essere ascoltato e rispettato.
L’Europa è entrata in una fase che può cementare un progetto di Difesa comune che ne aumenti il peso dentro la Nato. L’Italia con Draghi può contare di più in questo momento stringendo relazioni impegnative con il tradizionale asse franco-tedesco. Il tempo è cruciale e il tempo è ora.
You must be logged in to post a comment Login