Ho fatto un sogno bellissimo: mi trovavo in una valle creata dalla imponente escavazione realizzata da un incosciente cavatore che si era trovato nella possibilità di commerciare quanto estratto.
La valle però era tornata nuovamente affascinante, perché alcuni torrenti l’avevano rimodellata e avevano portato alla luce tante pietre che si spaccavano facilmente, rivelando al loro interno momenti di vita passata di millenni fa: una, ad esempio, mostrava un cavaliere con uno splendido vestito su un cavallo non sellato; doveva essere un gran principe, ma di quanti secoli fa? E così tante altre pietre che sempre si aprivano facilmente rivelando immagini fantastiche. Erano tante e le regalavo a dei giovani presenti interessati a quei reperti. Praticamente oltre ad immagini geologiche di piante o di animali trovavamo anche immagini di misteriosi momenti storici.
Poi i torrenti ad un certo punto tornavano minacciosi (capita nei sogni), ma io con un mio mezzo motorizzato mi toglievo d’impaccio, risalendo irti sentieri, superando rocce e pareti quasi verticali e raggiungendo poi la strada praticabile.
Questa valle, deformata dal lavoro dell’uomo ma rimodellata dalla natura con i suoi torrenti, spiccava anche per un ottimo clima e per una luminosità fantastica: ci si avviava al tramonto.
Ma era un sogno. Nella realtà il nostro paesaggio resta piagato dai segni della attività umana che purtroppo spesso non si preoccupa molto di realizzare il bello e piuttosto vuole, ma anche deve, rispettare le esigenze del profitto e della mobilità.
Un bell’esempio di volontà di ricerca del bello, anche a costo di notevoli sacrifici economici, l’abbiamo nel ritornato splendore del nostro imponente campanile della basilica, il così definito “Bernascone”.
Si può davvero dire che non si è badato a spese da parte dei cittadini varesini, noti piuttosto per l’innata parsimonia quotidiana, che in questi anni spinge a realizzare architetture dalle linee rette che si incrociano con inevitabili rigidi angoli retti, che delimitano superfici bianche lisce con l’unica eccezione di balconi rientranti con ringhiere di vetro: minima sfumatura di colore un pochino diversa dal bianco.
Si comprendono molte esigenze, conoscendo benissimo i costi delle costruzioni, ma il richiamo a oggetti di cartone a forma di parallelepipedo, contenenti le merci in commercio in certi negozi, sembra “inevitabile”. Perfino in edifici di dimensioni più piccole impera questa logica, ma qui forse si può giocare sul dialogo di volumi (pieni e vuoti) che sempre purtroppo ubbidiscono alle regole del parallelepipedo. Non siamo di fronte alle pietre del mio sogno, diverse l’una dall’altra, ma a freddi mattoni tutti uguali.
Le costruzioni soggiacciono a determinate esigenze ma la loro realizzazione uniforma l’aspetto del paesaggio: case tutte un poco uguali. Ci sono tuttavia eccezioni: spiccano talvolta elementi belli, che però dopo qualche anno vengono considerati “vecchi” e fatti sparire, lasciando il posto alle uniformi geometrie.
Si calpestano elementi che potrebbero essere testimonianze della storia della architettura di un’epoca nella città, architettura testimone della storia, di un momento di vita, di una epoca così come lo sono stati il “Bernascone”, la basilica e l’annesso Battistero, risalente ad un’altra epoca precedente.
Spesso mi sono chiesto: “Chissà com’era la precedente Basilica contemporanea del Battistero, più piccola certo, ma ornata da chissà quali affreschi, prima che arrivasse il Borromeo Carlo con l’esigenza della sua controriforma”.
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