Silvio Borghi e Lidia Caleffi sono due varesini d’adozione i cui nomi da poco tempo trovano posto nel memoriale dello Yad Vashem di Gerusalemme con il titolo di “Giusto tra le Nazioni”.
L’onorificenza è stata loro attribuita alla memoria il 28 aprile scorso dall’Ambasciatore di Israele a Roma.
Silvio è morto nel 1988 a 85 anni, la moglie Lidia nel 2008 a 98. Originari di Mirandola, in provincia di Modena, erano approdati a Varese per lavoro portando con sé, ma soprattutto dentro di sé, le loro storie di persone buone e generose e allo stesso tempo semplici e discrete.
Chissà se avrebbero accettato di essere onorati con una cerimonia tanto solenne come quella che si è tenuta a Palazzo Estense.
Per onorare la loro memoria la figlia Elsa e il genero Umberto hanno tenacemente voluto che fosse conosciuta e valorizzata la vicenda che li vide salvatori di ebrei perseguitati nei terribili anni della Shoah.
La storia di Silvio e di Lidia è particolarmente commovente perché uscita senza clamore dal lungo silenzio del passato; perché i salvatori non avevano rivendicato alcun vanto per quel pezzetto di bene compiuto nel lontano 1943; perché la loro bontà insieme a quella di altri uomini e donne che si opposero al male ha fatto da contraltare all’indifferenza dei molti e alla malvagità dei pochi.
“Fai il bene e dimenticalo”, sarebbe stata la loro risposta se qualcuno gli avesse proposto di consegnare alla storia una pagina dedicata a loro.
L’aiuto prestato a una famiglia di ebrei in difficoltà rientrava nella pratica quotidiana della solidarietà tra esseri umani esercitata da secoli da chi possedeva poco e quel poco condivideva con altri.
Aiutare degli ebrei fuggitivi comportava un rischio davvero grande che non tutti erano disposti o potevano correre. I due lo corsero ospitando una famiglia ebrea: il casaro Silvio e la moglie Lidia accolsero altra gente da nutrire, nascondere e proteggere nonostante il peso delle restrizioni alimentari vigenti in tempo di guerra e la crescente oppressione nazifascista.
Quando la caccia agli ebrei si fece più stringente i Borghi accompagnarono la famiglia dei perseguitati a Cernobbio dove viveva un conoscente che si prestò a favorire il passaggio del gruppo in Svizzera lungo i sentieri del Monte Bisbino, cima confinale che è parte integrante del nostro panorama prealpino.
In Svizzera la famiglia trovò la salvezza e a Mendrisio poche settimane dopo nacque il piccolo Samuel, il più giovane dei salvati.
Lo scorso 28 aprile Samuel, oggi 78enne, cittadino israeliano residente a Tel Aviv è tornato sui luoghi della fuga dei genitori e degli zii, accompagnato dalla sua numerosa discendenza.
Ha incontrato Elsa, la figlia di chi, aiutando sua madre incinta e suo padre, ha cambiato il corso della storia, rendendo possibile che lui nascesse in una nazione libera.
Il cerchio oggi si è felicemente richiuso davanti alla tomba di Silvio e Lidia nel cimitero di Velate dove il salvato Samuel si è recato per un breve saluto di omaggio ai suoi salvatori.
Credo che valga sempre la pena raccontare storie come questa, che è una bella fiaba dal lieto fine: c’era una volta una coppia di brave persone pronte a fare ciò che andava fatto in quel preciso momento. Senza tentennamenti, senza paura, con la sola forza della propria umanità.
Un altro Giusto tra le Nazioni, Giorgio Perlasca, a Enrico Deaglio che lo intervistava sulle sue gesta a favore di migliaia di ebrei, rispose semplicemente che aveva agito in quel modo perché non poteva stare a guardare tanta crudeltà: “Lei cosa avrebbe fatto al mio posto?” gli chiese.
Questa vicenda a lieto fine illumina una pagina di storia, la Storia e ci insegna che si può fare qualcosa, sempre.
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