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Economia

ALL’ORIGINE DELL’IMPRENDITORIALITÀ

FEDERICO VISCONTI - 20/05/2022

trasformaPunto di partenza: l’imprenditorialità è un volano di sviluppo economico e sociale di importanza fondamentale. Da essa dipendono la creazione di posti di lavoro e la crescita della produttività, la ricchezza dei territori e la loro attrattività. Ecco perché le voci impegnate a cantarne l’inno non sono mai mancate. Anzi, con di mezzo una qualche forma di crisi (bolle speculative, debiti sovrani, pandemie, guerre….) hanno finito per moltiplicarsi, trasformandosi in cori da stadio: olè, imprenditori, olè!

Basterebbe “industrializzare” il processo di nascita e di formazione degli imprenditori e i giochi sarebbero fatti. Troppo facile. Le pillole magiche devono essere ancora inventate e gli avatar non sono ancora pronti. Le matrici dell’imprenditorialità vanno ricercate qua e là, a mente libera, senza meccanicismi.

La famiglia ci può mettere del suo, educando alla laboriosità e alla concretezza. Cresciuto in una fattoria, allevatore professionista di conigli già a dodici anni, Renzo Rosso racconta: “Era come se mi si fosse accesa una lampadina in testa: d’un tratto vidi il mio futuro! Da quella prima esperienza imprenditoriale ho imparato che se hai un buon prodotto e se sei disposto a lavorare sodo e con pazienza, puoi iniziare a guadagnare. Mi tornò in mente l’avventura dei conigli qualche anno dopo, quando scoprii un prodotto ancora migliore”.

La scuola idem, interpretando il ruolo di istruttore-facilitatore. Il modello della “scuola-impresa” punta dritto ai programmi e al processo di apprendimento: il giusto mix tra conoscenze e capacità di progettazione/realizzazione. Una evidenza dal grande valore simbolico: le intersezioni fra gli imprenditori di prima generazione della packaging valley emiliana e i loro studi presso l’Istituto Tecnico Aldini-Valeriani di Bologna.

Il territorio conta. Nelle parole di Ottavio Missoni: “Quando si è trattato di costruire il nostro stabilimento, io avrei preferito restare a Trieste, ma a Trieste è più facile costruire una nave che fare una maglia. Così mi sono trasferito a Gallarate, perché lì c’erano i tintori migliori”. È vero che l’Italia dei distretti non c’è più, ma è pur vero che il nostro sistema economico continua a beneficiare delle intense relazioni che si creano tra imprenditorialità e territorio. Non c’è bisogno di scomodare la Silicon Valley per celebrare la fecondità degli ecosistemi territoriali, quelli in cui le risorse necessarie per far funzionare l’impresa ci sono, il network interaziendale è ben oliato, gli attori istituzionali tirano nella giusta direzione.

I cambiamenti sociali fanno anch’essi la loro parte. Un esempio su tutti. Le minoranze etniche sono all’origine di interessanti fenomeni di nuova imprenditorialità, le cui matrici vanno identificate nella esigenza di “ripartire da zero”, nel desiderio di emancipazione, nelle opportunità generate dalla comunità di riferimento. Risultato? In alcuni settori, a cominciare dal commercio e dalle costruzioni, è come se si fosse innescata ormai da tempo una dinamica di sostituzione tra imprenditoria italiana e immigrata.

In sintesi, anche in materia di “matrici dell’imprenditorialità” vale il principio di Lavoisier: “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. La famiglia, la scuola, la società civile, le istituzioni locali e nazionali ci mettono del loro …. creando, stimolando, incentivando. Ma anche distruggendo, frenando, ostacolando. Proprio qui si gioca tutto: nei movimenti del pendolo, da un estremo all’altro. Parlando degli imprenditori, Luigi Einaudi diceva: “Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli”. Era il 1960. Inutile girarci incontro: da allora in poi, l’inventiva non ce la siamo di certo fatta mancare! E continuiamo imperterriti….

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