Il Tar Lombardia si fa paladino di una iniziativa innovativa. Ha emesso una sentenza secondo la quale anche in una zona di tutela paesaggistica si consente la realizzazione di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica.
Viene detto specificamente questo: «Per quanto concerne, nello specifico, il rapporto tra compatibilità paesaggistica e installazione di impianti fotovoltaici – si legge infatti nella pronuncia – il Collegio rileva che, poiché la produzione di energia con fonti rinnovabili costituisce un obiettivo di interesse nazionale conforme al diritto comunitario, non è possibile applicare ai pannelli fotovoltaici categorie estetiche tradizionali, le quali condurrebbero inevitabilmente alla qualificazione di questi elementi come intrusioni».
I giudici rafforzano inoltre il principio superando la questione della visibilità dei pannelli: «Anche qualora fosse stata dimostrata la visibilità dei pannelli fotovoltaici da punti di osservazione pubblici, essa non configurerebbe un’ipotesi di incompatibilità paesaggistica. La presenza di impianti fotovoltaici sulla sommità degli edifici, pur innovando la tipologia e morfologia della copertura, non è più percepita come fattore di disturbo visivo, bensì come un’evoluzione dello stile costruttivo accettata dall’ordinamento e dalla sensibilità collettiva».
Vengono assunte decisioni assolutamente nuove e che sbaragliano battaglie fatte in passato. Secondo il mio giudizio, occorre sempre trovare una posizione che venga improntata sul principio del in medio stat virtus e che non vada completamente contro un precetto del passato e cioè che in una zona di tutela paesaggistica ci fossero delle regole pregnanti riguardo la posizione di pannelli. Nel caso specifico, invece, il proprietario di un edificio avente carattere storico, all’interno del complesso della Valle d’Astino, aveva presentato un ricorso per promuovere la riqualificazione del proprio edificio prevedendo l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti. Il progetto, trasmesso all’Ente Parco dei Colli di Bergamo, è stato da quest’ultimo esaminato e infine assentito ma con la prescrizione di sistemare i pannelli a terra oppure su un’altra pertinenza più bassa, anche se l’impianto progettato dal proponente non sarebbe stato visibile da terra. Il proponente ha impugnato l’autorizzazione al Tar ritenendola illegittima.
Il Tar ha dato pienamente ragione al ricorrente, e non perché l’impianto in progetto non sarebbe stato visibile. Il Tar ha stigmatizzato la giustificazione addotta per il diniego dall’Ente parco (la «storicità del manufatto e la sua collocazione all’interno del complesso della Valle d’Astino». E l’affermazione, inoltre, che l’opera richiesta ne «comprometterebbe l’immagine storica»). «Si tratta evidentemente – commentano i giudici – di una formula apodittica e generale avulsa da ogni concretizzazione al caso di specie e, pertanto, inidonea ad assicurare l’auspicato contemperamento di interessi di cui si è detto», e cioè della tutela paesaggistica e della produzione di energia da fonti rinnovabili. I giudici, in sostanza, riconoscono che è ora di cambiare il punto di equilibrio del «contemperamento di interessi». Ho scritto al Comune di Varese e all’Ente Parco per sapere quanti privati abbiano chiesto il permesso per mettere impianti fotovoltaici nuovi, sapere dove gli stessi scaricano la propria energia e come la stessa possa essere divisa.
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