È andato in onda domenica 8 maggio su Raiuno il film-tv ‘Rinascere’ con Alessio Boni e Giancarlo Commare. Diretto e sceneggiato da Umberto Marino, è tratto dal libro omonimo scritto dall’ex promessa del nuoto. Riproponiamo la testimonianza di RMFonline sulla vicenda di Manuel.
‘Rinascere’ è il titolo scelto da Manuel per il suo libro, un libro che non avrebbe mai scritto se…
La notizia la conosciamo tutti. Giovane promessa del nuoto, prossimo a partecipare alle Olimpiadi di Tokyo, è incappato una sera in un ragazzo come lui. Solo che l’altro era armato, sembrava avercela con chi gli era capitato di fronte e ha premuto il grilletto.
Le ore passate in allegria con gli amici e la ragazza sono finite così, nella disperazione. E nell’incomprensione di un fatto senza senso: il grilletto punì un giovane uomo che non aveva niente da spartire con il presunto bersaglio.
Manuel Bortuzzo, in un soffio, s’è trovato nella situazione di perdere tutto: la serenità dei suoi diciannove anni, le tante speranze, la carriera sportiva, e anche quella di un amore che era agli inizi. Soprattutto ha rischiato di morire.
Un intervento prodigioso e buone cure hanno però fatto il miracolo di salvargli la vita. Quella sì, ma non le gambe. E per una promessa del nuoto le gambe sono tutto o quasi. “Non me le sentivo più”. Così quando si è rituffato in piscina la prima volta dopo l’incidente, la sensazione, pur emozionante per la possibilità d’essere di nuovo in acqua, era che le gambe avessero finito d’appartenergli. E che probabilmente, come si era paventato, non le avrebbe usate più.
La carrozzella dopo il letto è diventata sua inseparabile compagna, con il timore che lo sarebbe stata per sempre. Ma non era proprio così. Esami approfonditi di diagnostica hanno evidenziato che in tempi lunghi avrebbe potuto recuperare. Lui lo aveva detto che ce l’avrebbe fatta, ma forse più per raccontarsela che per vera convinzione. Pianti e dolore hanno accompagnato le sue notti per mesi, assieme al disagio della dipendenza dagli altri per quasi ogni cosa.
Scrive Manuel nel suo libro (editore Rizzoli) che ha pensato e ripensato più volte a come sono andate le cose quella sera. Ecco, la parte bella della narrazione arriva qui. A quella domanda sul tracciato della pallottola fermatasi appena in tempo, che avrebbe potuto freddarlo o paralizzarlo completamente e invece s’è stoppata proprio un attimo prima. Quelle frazioni di secondo che hanno la lentezza dell’infinito, che lui misura nei suoi percorsi in vasca da quando è diventato un bambino prodigio del nuoto. e che possono anche lì cambiarti il destino.
Racconta ancora Manuel d’avere due vite: quella prima e quella dopo. Nella seconda ha visto in faccia la morte, ha subìto l’incubo del coma, ha imparato a dover dipendere dagli altri, a chiedere quel che mai avrebbe voluto domandare. Ma anche a suonare il piano che mai gli era riuscito di sfiorare, a incontrare nuovi amici, molti noti e importanti, a scrivere il primo libro, dove mostra un’evangelica visione della vita. Perché dichiara di non portare rancore a chi gli ha sparato, ma d’avere solo domande improntate alla pietà: che ambiente lo avrà visto crescere, quali genitori, quali amici?
Manuel sa invece di aver conosciuto l’amore della famiglia e della ragazza che gli sono stati sempre stretti attorno, dei fratelli, della madre e del padre, uno ‘tosto’: lo sta seguendo passo passo e gli ha detto subito che le sue gambe lo avrebbero fermato per un po’, ma che loro, tutti insieme, avrebbero provato a fargliele muovere di nuovo. Ci vorrà del tempo, e sicuramente sarà così.
Ora Manuel riesce a reggersi in piedi con l’aiuto di due tutori applicati ai polpacci. E stare in piedi per lui è già un segno di progresso.
Avevamo dedicato a Manuel un pezzo su RMFonline, convinti dalle sue parole, e da quelle dei suoi familiari, che le gambe non lo avrebbero abbandonato perché lui non aveva abbandonato la speranza. E conosceva invece da sempre la forza per andare avanti. Insomma, lo avevamo scritto.
La determinazione manifestata anche in questo libro ci ha convinti che non c’eravamo sbagliati, i campioni non mollano, rinascere si può. Aspettano solo il momento buono per portare avanti la sfida. In piscina e in quell’altra vita. Sentiamolo: “Ho imparato quanto vale la pena piangere, soffrire, sacrificarsi, pur di raggiungere un risultato a cui teniamo. Perché la soddisfazione ripaga di tutta la fatica. Ho conosciuto l’abisso della disperazione, e ne sono venuto fuori, ora posso dirlo, sulle mie gambe. L’unica strada che conosco per rinascere”.
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