“È possibile stare dalla parte degli ucraini aggrediti anziché dei russi invasori – si chiede Aldo Cazzullo in prima pagina sul Corriere della Sera (7 maggio 2022) – e nello stesso tempo lavorare per il cessate il fuoco?”. E si risponde: “Non solo è possibile. È doveroso, ed è il miglior servizio che possiamo rendere agli ucraini; oltre che a noi stessi… Ora la priorità per tutti è interrompere i massacri, far tacere le armi, fermare la guerra, avviare una trattativa seria; la cui necessaria premessa è il cessate il fuoco”. Nel servizio, che continua nelle pagine interne, l’editorialista del quotidiano milanese enumera i possibili canali di dialogo da non abbandonare.
Li individua innanzitutto nel papa che si è offerto di andare a Mosca (anche in sedia a rotelle) per parlare con Putin; nel riconfermato presidente francese Macron che si sforza di tenere aperto il contatto con il vaneggiante e sanguinario zar nostalgico della vecchia Urss; nel cancelliere tedesco Olaf Scholz erede di Angela Merkel; nella mediazione di Israele – Golda Meir era nata a Kiev, ricorda – e in quella di Erdogan, leader della Turchia che fa parte della Nato: “I canali di dialogo esistono – conclude – Usarli non significa tradire gli ucraini, ma aiutarli, e proteggere gli interessi europei”, minacciati dall’effetto boomerang delle sanzioni e dal rischio nucleare.
Ma esistono anche i No Pax, i nemici del cessate il fuoco, coloro che per varie ragioni soffiano sui tizzoni ardenti per propagare l’incendio. E ce ne sono tanti, a cominciare dal miliardario patriarca ortodosso Kirill che difende la “missione speciale” russa in Ucraina come questione di fede e dai produttori di armi: “Ci sono esponenti religiosi che credono di ottenere dalle sorti del conflitto un più largo spazio per la diffusione del loro culto – osserva Sergio Romano, ex docente a Berkeley e Harvard, già ambasciatore alla Nato e nell’ex Unione Sovietica – e ci sono industrie per cui la guerra presenta un duplice vantaggio: aumenta il consumo delle armi e sollecita la fantasia di coloro che progettano nuovi strumenti bellici”.
Da loro partono “missili” per zittire la voce più autorevole di ricerca della pace, quella di Francesco, e il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, si affanna a tenere accesa la speranza: “È un momento difficile delle relazioni con Mosca, ma non c’è il gelo”. Sulla stampa riappaiono vecchi articoli del politologo Giovanni Sartori, morto nel 2017, che distinguono tra guerre giuste e ingiuste e tra pacifisti con la testa sul collo e pacifisti incoscienti – Sartori li definiva “ciecopacisti” – come Gino Strada contrario alla guerra in ogni caso, offensiva o difensiva che fosse. Il dibattito è aperto dai tempi di Abele e Caino: come si difende la pace? Facendo la guerra?
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