Con le famiglie ucraine che ormai da due mesi sono ospitate nella sede generalizia delle suore dei Santi Angeli di fronte a casa nostra, organizziamo una mattinata di pesca.
L’intento è quello di offrire loro una parvenza di normalità e cercare di far dimenticare per qualche ora, soprattutto ai ragazzi, le drammatiche notizie che giungono dalle loro terre. Idea di Walter, ex collega e appassionato pescatore, che fornisce la attrezzatura e l’assistenza necessarie. Senza la sua intelligente dedizione non si sarebbe andati lontani. Invece partiamo in otto, tra adulti e ragazzi, per raggiungere i laghi Mezzaluna nel comune di Maccarese.
Siamo a una trentina di chilometri da Roma. I palazzoni della periferia hanno lasciato il posto ai pini marittimi ed alle verdi colline dove ancora pascolano le pecore. I laghi fanno parte di una estesa tenuta di nove ettari vicina al Parco Naturale dell’Arrone e alla Riserva Faunistica di Macchia Grande: capita infatti, durante la pesca, di osservare stupendi uccelli selvatici. Una strada laterale all’Aurelia conduce al complesso sportivo costituito da due bacini: in uno, profondo circa due metri, si possono trovare oltre alle trote anche carpe, tinche e qualche luccio.
All’ingresso del centro sventola una bandiera gialla e blu. Il gestore è un polacco che appena conosce la provenienza del gruppetto si fa in quattro per accoglierci nel miglior modo possibile. In Ucraina la pesca è molto popolare. Grazie all’abbondanza di laghi e fiumi che solcano la nazione, lo sport è praticato un po’ dappertutto. Ed in effetti la prima sorpresa della giornata ci arriva proprio da Natalia, mamma di Ivan e medico di base a Odessa, fuggita con il figlio in Italia. Donna di poche parole, una volta ricevuta lenza ed esche si apparta silenziosa in un angolo del lago. Rimarrà concentrata e immobile per diverse ore ma al termine della mattinata porterà in dote dieci trote di varie dimensioni e, per la prima volta dopo tanti giorni, la vediamo sorridere.
Gli altri componenti della “squadra” sono Nicolai ed Elena, marito e moglie con i figli Andrea e Leo. Insieme diamo vita ad una compagnia un po’ eterogenea rispetto al clima professionale che caratterizza il luogo. È infatti un mondo nuovo e misterioso. Intorno a noi da lussuosi pick up vengono scaricate attrezzature avveniristiche e per me curiose: canne da pesca, da bombarda, a innesco, mulinelli a frizione anteriore o posteriore. E poi: monofili, ami, piombi, girelle doppie o triple con o senza moschettone, camoline, siliconici, retini, borsoni, cassette degli attrezzi. La preparazione si svolge in assoluto silenzio soprattutto a bordo lago. Solo il rumore degli aerei che atterranno al vicino Leonardo da Vinci interrompe la concentrazione.
Ma per noi è più un momento per fare festa. A pochi metri dal lago ci sono panchine e barbecue di pietra. Le donne organizzano un picnic volante e gli uomini si alternano alle canne da pesca. E così arriva la seconda sorpresa della giornata: un pescatore che nella postazione a fianco ci osservava circospetto, arriva con un sacco contenente il suo bottino: «Ho sentito che siete ucraini – esordisce – permettete di regalarvi il mio pescato di oggi. Un piccolo contributo alla vostra causa». E altre dodici trote si aggiungono alle nostre.
È il momento di tornare a casa. Già si parla di una cena per fare onore al “raccolto”. Il tempo di arrivare, suonare alla porta e ci apre Tatiana, un’altra delle ucraine ospiti delle suore. In lacrime racconta di una telefonata appena ricevuta: il marito è stato ferito ad un occhio durante uno scontro a fuoco. L’orrore della guerra torna a irrompere nella fragile tregua di una mattinata romana.
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