Massimo Franco non è il vaticanista ufficiale del Corriere della Sera (nel risvolto di copertina si qualifica editorialista politico) ma è al sesto libro sulla Santa Sede & dintorni, il secondo con l’editore Solferino, il terzo dedicato specificamente agli inquilini di San Pietro. I primi titoli generici sulla crisi dell’impero vaticano e sui delicati rapporti con gli Stati Uniti lasciano via via il posto ai due pontefici viventi: dapprima l’entusiastico Francesco che cambia la Chiesa e conquista i fedeli di tutto il mondo (2016), poi il più cauto L’enigma Bergoglio, la parabola di un papato (2020) e l’ultimo, uscito ora, intitolato Il monastero, Benedetto XVI nove anni di papato-ombra.
È lo sguardo indiscreto sulle cose vaticane di un giornalista “pluridecorato” (dal Premio Ischia al Premio Hemingway per il giornalismo, al Fregene, all’Amalfi, al Capalbio per la saggistica), cresciuto professionalmente nel quotidiano dei vescovi Avvenire, poi al Giorno, a Panorama e dal 2003 al Corriere, con collaborazioni di prestigio al Los Angeles Times e al Guardian di Londra. Un’osservazione costante, la sua – dopo i libri su Andreotti, su Hammamet, sulla caccia a Bin Laden – degli ultimi due pontificati; e il giudizio, nell’arco di una decina d’anni, da entusiasta si fa scettico e poi velenoso nei confronti del papa argentino. O dà questa impressione.
La conferma viene dal nuovo libro, Il Monastero, dove già il sottotitolo evoca, dietro a Benedetto XVI, il convitato di pietra papa Francesco. A chi giudica solare e inequivocabile la difficile missione di Bergoglio tra molti nemici – fare pulizia nei buchi neri della Chiesa dalle finanze alla pedofilia al sistema giudiziario, soccorrere chi soffre e adattare la struttura ecclesiastica alle esigenze d’oggi – il giornalista oppone le voci di due chiese separate, accredita le divisioni tra il Monastero e S. Marta, ipotizza l’esistenza di due poli antagonisti, afferma “la debolezza e l’affaticamento del pontificato argentino”. Allude, accenna e inevitabilmente dà voce alle ombre e ai sospetti.
L’eremo in cui Benedetto si è ritirato a pregare, scrive, “è il luogo della silenziosa opposizione a Francesco, l’opposto di Casa Santa Marta: tanto caotica, rumorosa e percorsa da intrighi di potere la “corte parallela” dell’albergo dove vive Francesco, quanto discreta, appartata e distaccata dai giochi Mater Ecclesiae”. Aggiunge: “Il papa emerito è diventato una sorta di ombra, di fantasma, di eremita: o di prigioniero, a seconda di chi alimenta la leggenda dell’uomo del Monastero”, “la curia parallela di Francesco trasmette un’immagine di caos e arbitrarietà”, le sue riforme sono “visionarie e un po’ caotiche”.
Il compito del giornalismo, osserva Massimo Franco, è fornire chiavi di lettura in un mondo in cui la gente fa fatica ad orientarsi in una massa di notizie informi. E la sua lettura della realtà vaticana oggi non è benevola: “Bisogna purtroppo constatare che Francesco è stato accolto come speranza di una nuova unità dopo i veleni della parte finale del papato di Benedetto XVI. Oggi invece la sua Chiesa a volte appare perfino più divisa di quella del 2013. E si tratta di una divisione radicale, incattivita, che Francesco non è stato in grado di evitare: al punto di ammettere di avere pochi amici. Si tratta di un’occasione storica che rischia di risultare buttata via”.
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