(O) Ti sei preso una pausa, la scorsa settimana.
(C) involontariamente. Un’indisposizione breve ma fastidiosa mi ha bloccato proprio il giorno in cui avrei dovuto scrivere l’apologia. Intendo prolungare la pausa nei confronti dell’argomento ‘Ucraina / Russia’, perché dopo l’intervista in diretta rilasciata da Lavrov mi pare ci sia poco da discutere. È stata la dimostrazione definitiva della famosa tesi di Nietzsche: “non ci sono fatti, solo interpretazioni”. Sbizzarrirci in ipotesi è pura perdita di tempo.
Vi propongo un argomento tutto diverso, in consonanza con il Primo Maggio ‘diverso’ celebrato or ora: la fuga dal lavoro di due diverse generazioni, gli anziani pensionabili e i giovani. “Great resignation”, ossia le “grandi dimissioni”. Se è più che noto il fenomeno della volontà di andare in pensione il più presto possibile, magari incoraggiato proprio dalle imprese che approfittano di incentivi statali per liberarsi di personale in eccesso, meno noto è quello dell’esodo dei giovani dal posto di lavoro: “è un fenomeno che ha generato negli ultimi mesi un boom di dimissioni volontarie e che ha colto impreparate il 75% delle aziende. Le dimissioni volontarie fra i giovani in Italia toccano il 60% delle aziende: Millennials e Gen Z, sostenitori della filosofia YOLO (you only live once, si vive una volta sola), sono sempre più attenti al well-being. alla sostenibilità e all’equilibrio tra il tempo dedicato al lavoro e alla vita privata”. (Studio Cataldi)
(O) Ne avevo sentito parlare vagamente, ma pensavo fosse una vicenda propria di paesi con bassa disoccupazione.
(S) La pandemia ha coinvolto molto il personale sanitario. In un primo momento molti pensionati sono tornati volontariamente sul posto di lavoro, per dare una mano nella grave necessità, ma dopo due anni di emergenza si è accelerata una corsa alla pensione a causa di superlavoro, carenza di organico, mancati riposi, aggressioni in reparto per gli ospedalieri, mentre per i medici di base sembra predominante una sensazione di isolamento e di mancanza di sostegno da parte delle istituzioni.
(C) Quello sanitario è un comparto che avrebbe bisogno di qualche riforma strutturale. Penso soprattutto alla professione infermieristica; basta guardare alla differenza di trattamento tra Italia e Svizzera. Ma per tutti l’esperienza del lavoro a distanza, ovvero da casa propria, rivoluzionando le pratiche lavorative e facendo vivere più da vicino le condizioni di vita familiare, ha cambiato le priorità: meno carriera, meno salario, ma più tempo libero, più figli, più famiglia, meno stress.
(O) Può essere una bellissima opportunità per noi giovani lo smart working, ma soprattutto ci interessa una diversa considerazione delle esigenze umane anche sul posto di lavoro: so che chi lavora all’estero o anche in Italia, in multinazionali che hanno un’organizzazione della vita in ufficio o in fabbrica impostata su criteri più moderni, trova maggior soddisfazione e lavora meglio, direi persino con migliore produttività rispetto ad aziende tradizionali.
(C) È noto da tempo che in Italia c’è una forte disoccupazione giovanile e nel contempo le aziende non riescono a coprire i posti di lavoro. Ciò dipende certamente da una profonda inadeguatezza del sistema formativo, sin dalla scuola ma soprattutto dal momento intermedio professionalizzante, che non è curato da nessuno, tanto meno dai famosi navigator che dovrebbero portare al lavoro i titolari del reddito di cittadinanza. Almeno altrettanto importante è però l’incapacità delle aziende di essere veramente attrattive, non solo in termini di salario o di prospettive di carriera. È sorprendente, direi imperdonabile, l’ignoranza di molti responsabili delle possibilità offerte dal welfare aziendale e dalla creazione, con pochi accorgimenti, di un ambiente di lavoro, se non attraente, almeno non penalizzante. I consulenti del lavoro avvertono: attente aziende, non siete più voi a scegliere il personale, dovete imparare a farvi scegliere dalle figure migliori.
(O) Onirio Desti (C) Costante (S) Sebastiano Conformi
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