Uno degli espedienti più efficaci ed emozionanti del racconto a puntate è da sempre il cosiddetto “cliffhanger”, il finale sospeso, in cui la narrazione si interrompe in un momento di forte suspense per invogliare lo spettatore a tornare, per scoprire come va a finire… Ebbene, quello che gli sceneggiatori hanno escogitato per accompagnare all’uscita del set Terence Hill e il suo Don Matteo è stato all’altezza delle aspettative.
L’amato prelato, nella sua ultima puntata andata in onda il 21 aprile, dopo aver risolto il delitto del giorno, chiude la casa ed entra in chiesa, prega davanti al Crocifisso in lacrime, poi due “man in black” lo aspettano sulla porta, lui sale su un’auto nera e scompare, inghiottito nella notte. Rapimento? Appuntamento? Apparizione? Sparizione? Tornerà? Chissà chi lo sa!
Di questo cambio della guardia se ne parlava da mesi, tra marketing sapiente e vera angoscia: la serie del resto è una delle punte di diamante del palinsesto di RaiUno dalla fine del secolo scorso (la prima puntata è stata registrata nel ’99, da quella ne sono seguite – finora – altre 264), contraddistinta da un gradimento medio vertiginoso, d’altri tempi (come in effetti è il prodotto…): parliamo del 27% di share medio.
Liquidato il vecchio e amatissimo parroco, da ieri è la volta del nuovo, che alla bicicletta del predecessore preferisce la motocicletta e sopra la tonaca non disdegna di portare il chiodo di pelle; la sua faccia sembra più vicina a quella di un divo della soap che non a ministro della Fede: è quella di Raoul Bova, in arte don Massimo. “Un prete che sa combattere e guardare negli occhi” – lo ha battezzato in conferenza stampa di presentazione l’aitante attore. Piacerà? Non piacerà? Chissà chi lo sa! Dalle parti di RaiUno stanno certamente accendendo molti ceri perché il prodotto è strategico ma – come detto – la via d’uscita è comunque aperta, con un remoto ma tecnicamente sempre possibile ritorno in scena di “Trinità”.
Pare che il vecchio Hill (ormai 83enne), avesse riferito alla Lux Vide, società di produzione della serie, che poteva continuare a dare il volto a don Matteo a patto di girare al massimo quattro episodi all’anno: “Come Montalbano”, aveva buttato lì scomodando un altro ‘mostro sacro’ del pantheon di RaiUno. Ma il patròn Luca Bernabei lo aveva gelato: “Questa è un’operazione industriale, a lunga serialità, una macchina complessa. I numeri piccoli non sarebbero sostenibili”. Il buon Terence non l’ha comunque presa male: come desiderava, ha da oggi molto tempo per godersi la sua splendida villa americana in riva all’oceano, da dove – in modo assolutamente coerente col personaggio – ha salutato via social tutta la troupe della fiction con un ecumenico: “Vogliatevi bene”.
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