In questa Pasqua 2022 segnata così tragicamente dalla guerra in Ucraina sembra proprio di vagare tra morti e distruzione e che la cosa stonata non siano le lacrime, ma l’annuncio della Vita. Davanti a tanta morte e a tante crudeltà assurde e disumane è possibile accogliere una speranza? Eppure ne abbiamo un lacerante bisogno.
E il Signore ci dice: Se qualcuno ha sete venga a me e beva (Giovanni 7, 37).
Sì, Signore vengo a Te, ma non so cosa puoi offrire per colmare tanta lacerazione, per dimostrarmi che la speranza è ancora possibile, che si può ancora confidare nell’uomo, nel fratello … Signore, di questa speranza, di questa fiducia ho sete, ma diffido che esista una fonte tanto pura, non inquinata dell’odio e dall’individualismo che dilania il mondo.
E tu ancora mi dici se qualcuno ha sete venga a me e beva e ti riferisci alla tua Pasqua, al tuo costato aperto dalla lancia da cui sgorgarono acqua e sangue. In quell’acqua siamo stati immersi nel giorno del nostro battesimo. Quell’acqua divisa dal sangue manifesta che Tu già eri morto. Nella tua morte siamo stati immersi, nella crudele morte di Te innocente per ritornare con Te alla Vita. Forse per questo posso sentire ancora sete. La morte di un Innocente è stata già per me un nuovo inizio. Allora possiamo ancora sperare?
Guardo al Tuo morire. Guardo al Tuo dolore. Di lontano percepisco la tua straziante solitudine. Come può sgorgare di qui la Vita? Come può un agonizzante aprirci ancora la speranza?
Ascolto. Ascolto innanzitutto il mio silenzio che, incredulo, attende ancora una risposta. E nel mio incredulo silenzio risuona il tuo grido Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Matteo 27, 46). Prima di me Tu nel lacerante abbandono e nei fremiti dell’agonia ti sei rivolto, hai domandato, hai lasciato spazio perché una risposta giungesse.
Sì, Tu hai domandato, ti sei fatto voce di ogni parola carica di dolore e di ogni gemito. E la tua voce è una goccia d’acqua sulle labbra chiuse dal dolore o riarse dal troppo gridare. Sì, Tu senti ogni dolore e ne domandi ragione e attendi con fiducia una risposta. Anche per questo si deve ancora sperare, attendere ancora con fiducia una risposta.
Eppure è strano che Tu debba domandare, che Tu non comprenda, che Tu cerchi ragioni: Tu sei Dio. Questo tuo non sapere non è da Dio, è da uomo ed accusa una lacerazione in Dio. Il Tuo Dio, Tuo Padre, ti ha abbandonato. C’è forse una lacerazione in Dio, o forse, nel cuore di Dio, entro la Trinità, compare l’umanità abbandonata? Non ti chiamerai più abbandonata, sarai mio compiacimento (Cfr. Isaia 62, 4). Perdona loro (Luca 23, 34). Hai perdonato, hai lasciato dietro le spalle tutto il male che ti abbiamo inflitto, ti sei messo al nostro posto, hai sposato la nostra terra. Forse per questo non sai, forse per questo percepisci l’infinita lontananza da Dio. Ma ora questa infinita distanza è continuamente percorsa e colmata dal perdono. Per quel perdono che ci doni e che ci offri come strada da percorrere possiamo ancora sperare. Sì, è una strada da Dio, ma nel tuo morire, nel nostro battesimo, ci hai resi fratelli tuoi. Possiamo ancora sperare, possiamo ancora aver fiducia come Te nell’uomo.
Ascolto ancora ed ecco nello strazio della morte, quando a una madre è strappato crudelmente il Figlio: Donna, ecco tuo figlio (Giovanni 19, 26). Mi sembra che a lacerazione si aggiunga lacerazione. Al dolore della croce del Figlio, il dolore delle doglie di un nuovo parto. Ma in questo moltiplicarsi del dolore ci è forse offerta una porta di speranza. Per la fede di Maria, per il suo grembo totalmente disponibile per Dio fonte della Vita, ogni dolore è apertura alla vita, alla Vita in Dio, alla Vita nella famiglia di Dio … mistero della fede di una Madre, della fede di ogni madre. Mistero di cui il nostro cuore ha sete, mistero in cui il nostro cuore spera davanti a tanti figli morti.
Sì, possiamo, vogliamo, ancora sperare. Una speranza non irenica, una speranza che ha come cassa di risonanza infinita le piaghe ancora aperte del Risorto. Solo Lui può ancora dirci Pace a voi. Questo saluto pasquale laceri il nostro cuore e il nostro tempo e ci insegni ancora a sperare.
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