Un altro grande scrittore forse nascerà a raccontare le devastazioni materiali e morali dell’aggressione russa all’Ucraina, proprio come Lev Tolstoj descrisse la Russia invasa dalle truppe di Napoleone e la desolazione che l’uso delle armi porta sempre con sé. La storia a volte si diverte a cambiare i ruoli. La guerra distrugge le città, stravolge i territori, stermina le persone e disorienta le opinioni dei cittadini, il sentimento religioso e le convinzioni dei fedeli delle varie confessioni. Mosca è contro Kiev anche sugli altari dei patriarchi e dei metropoliti della Chiesa ortodossa. Soltanto Francesco continua a predicare la pace come bene supremo e non negoziabile.
Il papa non perde l’orientamento e viene attaccato insieme a chi condivide il pensiero pacifista. Il mite Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, è tacciato di essere “uno dei tanti che lavorano per Putin” e l’editorialista del Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia dichiara alla stampa che la leadership politica di Francesco è “molto confusa da tempo e alla fine sfocia in una pressoché assoluta irrilevanza politica”; e che la sua “guida incerta ed ambigua mette in grave difficoltà la diplomazia vaticana”. Eppure l’atteggiamento non schierato del pontefice, da leader morale, non si discosta dalle posizioni prese nel secolo scorso da altri capi della Chiesa cattolica.
Pio XI, il papa dei Patti Lateranensi, lombardo di Desio, pronunciò le encicliche contro i totalitarismi e tentò di fronteggiare le ideologie con la diplomazia, una “strategia” a cui non era estraneo il segretario di Stato Eugenio Pacelli, che la perseguirà anche durante il proprio pontificato. Achille Ratti firmò dieci concordati a tutela della libertà religiosa – anche con la Germania nazista – ventuno patti diplomatici e otto convenzioni. Provò a difendere i diritti della Chiesa e il 30 aprile 1937 pronunciò le dure parole della Mit Brennender Sorge che fecero infuriare Hitler, ma tutto questo non ha dissolto le critiche di alcuni storici nei suoi confronti.
Prima di lui Benedetto XV tuonò invano contro “il furioso scatenarsi dei popoli contro i popoli” nella Prima guerra mondiale, contro “il precipitare dei rapporti umani e le ingiustificate aspirazioni a dominare l’Europa”; e dopo di lui Pio XII evitò di condannare esplicitamente Hitler, le leggi razziali del fascismo e la deportazione degli ebrei nel timore di aggravare le conseguenze della follia del Führer. Andando indietro fino a Pio IX, papa Mastai Ferretti arrivò a non autorizzare l’uso delle armi dei patrioti italiani contro l’Austria cattolica. Alessandro Manzoni, acido, commentò: “Pio IX prima benedisse l’Italia, poi la mandò a farsi benedire”.
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