Viviamo in un’epoca in cui la manipolazione ha raggiunto livelli inauditi e mai sperimentati fino ad ora. Pensiamo a quello che abbiamo visto con la pandemia. Alla pseudo-scienza trasformata da alcuni in realtà assoluta. Ai falsi profeti che hanno diffuso l’idea che per proteggersi dal virus bastano esercizi respiratori e i raggi solari. A quelli che hanno raccontato che i camion militari che trasportavano i morti di Bergamo erano finzioni, dei film a favore solo di Big Pharma. A quanti hanno affollato i talk show propugnandoci dubbi insensati sui vaccini e sulle decisioni proposte dagli scienziati al Governo e alle autorità politiche per prevenire i contagi, facendole passare come semplici opinioni diverse o come esercizio democratico del pensiero.
Pensiamo alla schiera di complottisti di ogni orientamento politico che in questi anni hanno avvelenato i pozzi della verità in tutti i campi e che ora si stanno scatenando anche su di chi sia la colpa della guerra. Ma pensiamo anche agli arruffapopoli di ieri e di oggi, magari invecchiati e un po’ imbolsiti, se non imborghesiti.
Sento criticare Papa Francesco perché si schiera contro il riarmo e la guerra e la domanda è: cosa dovrebbe fare un capo spirituale? Inneggiare alla guerra manco fossimo alle crociate? Forse dimentichiamo l’appello all’inutile strage di Papa Benedetto XV nel 1917 in piena Prima guerra mondiale, così come si dimenticano un po’ troppo in fretta gli interventi di Giovanni Paolo II, uno dei pochi a schierarsi contro la guerra in Iraq del 1991. Giudicare la Chiesa con categorie politiche e del tempo presente è sempre un errore, così come non tener conto delle dinamiche diverse che, malgrado la fedeltà all’insegnamento del Santo Padre, muovono il mondo cattolico. I cattolici italiani durante la Prima guerra mondiale, malgrado “la questione romana”, parteciparono fedelmente alla leva e combatterono quella che veniva vista come l’ultima guerra d’indipendenza italiana, necessaria a ricomporre il Paese rispetto al dominio asburgico.
Ma pensiamo anche agli effetti che produsse la guerra civile spagnola. Un drammatico evento che spinse i cattolici a schierarsi per il governo legittimamente eletto contro le forze golpiste di Franco e a prendere coscienza della necessità di combattere le dittature fasciste e naziste. Tutto questo per dire che la complessità degli eventi provoca lacerazioni e divaricazioni anche nel mondo dei credenti, ma ritenere che tutto debba essere letto con categorie politiche è fuorviante rispetto ad una realtà del messaggio evangelico che ha duemila anni di storia e che si pone oggi, soprattutto, come ponte e mediazione tra coloro che si fanno la guerra.
Ma la realtà è complessa per tutti, anche per il mondo della sinistra, che in parte a dire il vero, sembra dimentico della sua storia, e forse, qui e là, è ancora intriso di pregiudizio anti-americano.
Così, pur rispettando il pensiero pacifista, legittimo sia chiaro, mi sovviene di ricordare a me stesso prima che ad altri che le armi sono state spesso prese per difendere la libertà. È avvenuto anche con la nostra resistenza nel 1943. Dunque non sono comprensibili se non appunto per rancori ideologici anti-americani e anti-Nato le prese di posizione del presidente di Anpi nazionale e di quanti, appartenenti al mondo di una certa sinistra, sostengono di non armare l’Ucraina, pensando così di porre fine prima alla guerra. Insomma, come dire, per portare la pace è bene che l’Ucraina si arrenda all’invasore e poco importa che un Paese indipendente sia stato invaso da una dittatura.
Penso che noi si debba essere pacifici. Che la via della diplomazia sia sempre da seguire, ma anche che la libertà si debba difendere e che, quando ti trovi contro una dittatura, sia difficile sostenere che la guerra si possa fermare senza armi. Gandhi batté gli inglesi nella lotta di indipendenza con la disobbedienza civile, ma aveva di fronte una democrazia. Hitler e Mussolini furono cacciati solo dalla forza delle armi e a costo di sacrifici immani di milioni di persone. Vorremmo risolvere le questioni internazionali, i rapporti tra Stati, con la diplomazia, con le trattative e con i compromessi, ma questo non sempre è possibile se di fronte hai chi concepisce la trattativa solo come il confronto muscolare.
Questa è la differenza tra una dittatura e la democrazia. Sarebbe opportuno ripensare alla lungimiranza, piaccia o no, della scelta atlantica fatta nel 1949 da De Gasperi, scelta che non ha impedito a noi di essere europeisti e di credere nella possibilità anche di una difesa europea, ma che soprattutto ci ha garantito sicurezza e libertà.
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