Orban vince in Ungheria, Putin si complimenta. Orban gradisce. Aggiunge, sbalorditivo: il mio è anche un successo contro Zelensky. Urcaina! Ma non sorprende che Orban cianci in tal modo: il suo popul-sovranismo ha conosciute radici e diffusione. Sorprende che Salvini e Meloni plaudano all’affermazione elettorale. Vero che i due han sempre solidarizzato con la politica del premier magiaro, però felicitarsi nel momento in cui il nazificatore russo sconvolge il mondo, beh, l’uscita davvero non ci stava. Non ci sta. Non ci starà mai che si stringa un’ideale mano a chi ne stringe -sempre idealmente, neh!- altre grondanti sangue.
Sottovalutazione, leggerezza, qualcosa d’alternativo? Mah. Il tandem de noantri avrebbe buon gioco a rispondere: Orban trionfa in una competizione democratica, che male vedete nell’inviargli un messaggio compiaciuto? Nessun male, in teoria. Un male grande, in pratica. Perché, pur se la globalizzazione versa in ambasce, tutto si tiene nel mondo della complementarietà. Dove ogni parola, gesto, tic eccetera ha circolazione e rilevanza planetaria.
E dunque. Saggezza -come minimo- avrebbe consigliato ai destri d’Italia di non incorrere in sinistri abbracci, dato quel che di terrificante succede. Chiunque lo sa (1): Orban nulla ha a che vedere (nomen omen, del resto) con l’invasore di Mariupol, Odessa, Kharkiv e dintorni. Ma chiunque lo sa (2): Orban sta in amichevole rapporto col genocida. E dunque accostarvisi può essere pericoloso come avvicinare la mano al fuoco. Valeva la pena? Non valeva la pena.
Un nuovo errore del leader leghista, che nella contemporaneità storica proprio si trova a disagio. Basti pensare che il giorno dopo la festosa lode a Orban, ha criticato Di Maio -ministro degli Esteri del governo da lui stesso, Salvini ipse, sostenuto- per aver espulso 30 diplomatici russi sospettati di spionaggio. Un vecchio errore della Meloni, che ogniqualvolta s’accredita come affidabile numero uno dei citati destri, ricade nello sbaglio della radicalità.
Pronta, pur da oppositrice, a schierarsi con Draghi, Biden, l’Ue, la Nato e l’occidentalismo tout court nella condanna a Putin, nel sanzionarlo economicamente, nell’armare la resistenza di Zelensky, scivola sulla visibile buccia di banana. Proprio mentre i sondaggi indicano il suo partito in cima, assieme al Pd, alle preferenze dei connazionali. Berlusconi, “deluso e addolorato” per il brutalismo dell’ex amico Vladimir, ringrazia. I moderati perduti ritorneranno alla casa madre di Arcore. Ma avanti così, la coalizione Forza Italia-Lega-Fratelli d’Italia non ritornerà al comando del Paese nella primavera del 2023. Lo vede chicchessia, tranne gli Orbans tricolori.
Ps
Grillo si tace dall’inizio della guerra a oggi. Non una parola di deplorazione, condanna, sdegno. Grillo che sentenziava: Putin dice le cose più sensate in politica estera. Grillo che potrebbe dichiarare: mi sbagliavo. Grillo che sta zitto. È il tempo della zeta.
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