Aleksandr Dugin è una voce ascoltata da Putin. Teorizza l’incomponibile conflittualità tra occidentalismo e antioccidentalismo. Ragioni politiche e motivi religiosi. Specialmente religiosi. Matto Dugin e matto Putin, sono liquidati qui, da molti di noi. E se non fosse così?
E se tutt’e due mirassero, determinati, a una soluzione finale diversa dall’annettersi una parte dell’Ucraina e perfino dall’inglobarsela in toto? E se non si rivelasse cervellotico il disegno di fondare la Terza Roma -benedetta dal patriarma Kirill e sotto le insegne del neozarismo (reonazismo)- dopo lo sprofondo postbarbarico della Prima e il soccombere, da bizantina a musulmana, della Seconda? E se l’idea della Grande Madre Russia eurasiatica, anziché velleitaria, sortisse da lucida pianificazione? E se un afflato fideistico sussurrasse la strategia al dittatore, capace d’osare tanto perché convinto che Europa, Stati Uniti, Nato siano il ventre molle/blasfemo del capitalismo degenerato?
E se radicata, anziché artificiosa, risultasse la certezza che le democrazie liberali rappresentino ormai il male spirituale, prima d’ogni altra infezione? E se il citato Dugin non sbroccasse quando dichiara a un giornale italiano: la Russia è, era e sarà l’erede della Beata Vergine Maria, al contrario dell’Ucraina che diavolizza con i Paesi del Male, commettendo un peccato prima che un delitto? E se di fronte a una tale deriva s’imponesse l’indifferibile risposta, chiamata Grande Risveglio d’Oriente in opposizione al Grande Reset dei poteri occulti/non occulti del mondo che si definisce libero e invece è schiavo del vizio? E se il consigliere dell’autocrate di Mosca credesse per davvero all’ipotesi che “…il Covid è stato creato negli Stati Uniti come arma biologica” così da comprimere la libertà e riscrivere le regole della globalizzazione, e dunque s’avanzasse l’obbligo etico-politico di rispondere a brigante con brigante e mezzo?
E se, alla fine e in principio di questo processo, non si collocasse l’incombere a Ovest della figura d’un Anticristo della contemporaneità che va abbattuto, a qualunque e doloroso e sanguinante costo? E se, insomma, solo una guerra religiosa, avversa all’esponenziale dannazione, riuscisse di argine epocale -e quasi millenaristico- ai “lebbrosi” regimi che attentano alla superiore anima totalitaria dell’Est?
Ecco, se tutto questo ci sembra malata fantasia, torniamo ad esercitare le nostre analisi/opinioni secondo gli abituali schemi interpretativi d’un conflitto bellico in qualche modo tradizionale. Ma se non ci sembra, prepariamo l’uso d’armi appropriate per spegnere fiamme emozionali e fanatiche non meno pericolose dei fuochi di cannoni, bombe, missili.
Ps
Il filosofo più citato da Putin è Ivan Ilyn, seguace di Kant, di Hegel, del fascismo. Scrive lo storico Timothy Snyder dell’università di Yale: “Credeva che uomini audaci possano cambiare una realtà debole e imperfetta con azioni ardite. E giudicava la Russia l’unica nazione non corrotta e indebolita al mondo”. Cioè l’impero della virtù, governato da un capo indiscusso e indiscutibile. “Le elezioni dovevano avere l’unico scopo di confermare la subordinazione del popolo”. Infine: “Il ritorno della Russia a Dio richiedeva l’abbandono non solo dell’individualità e della pluralità, ma anche dell’umanità”. Appunto.
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