Un regalo… doveroso quello che Sandro Galleani ha ricevuto dalla “sua” Pallacanestro Varese in occasione del compleanno numero 78: domenica scorsa, infatti, lo storico fisioterapista è stato inserito nella Hall of Fame della società, un club di cui fanno parte (in rigoroso ordine alfabetico) i giocatori Tony Gennari, Charlie Yelverton, Andrea e Dino Meneghin, Bob Morse, Aldo Ossola, Gianmarco Pozzecco, Manuel Raga, Corny Thompson, Meo Sacchetti, Cecco Vescovi, Paolo Vittori e Tonino Zorzi, gli allenatori Sandro Gamba, Joe Isaac e Aza Nikolic e il dirigente Augusto Ossola.
Sandro Galleani è un personaggio per molti versi straordinario: ha legato la sua attività professionale alla Pallacanestro Varese dal 1971 al 2009 come fisioterapista, proseguendo poi il suo legame con il club come dirigente addetto agli arbitri. Ha lavorato con la Nazionale di ciclismo e poi con quella di basket e con gli azzurri della palla a spicchi, in oltre trent’anni di sodalizio, ha collezionato un tale numero di presenze che nessuno sportivo di alcuna disciplina crediamo possa superare.
Con Sandro è piacevolissimo conversare: si trascorrerebbe ore ad ascoltarlo. Tra i suoi mille racconti scegliamo qualche aneddoto inedito, come quello che riguarda il suo debutto professionale da massaggiatore e, qualche anno più tardi, il suo approdo a Varese. “La premessa – spiega – sta nella mia amicizia con Gianni Motta, con il quale correvo in bici dall’età giovanile. Accadeva a volte che, prima o dopo gare o allenamenti, ci massaggiassimo a vicenda; poi lui divenne ciò che sappiamo, un campione. Io invece, alla vigilia di un possibile debutto tra i professionisti, fui costretto a fermarmi a causa di una brutta frattura a una spalla. È la fine del 1968, io faccio il fabbro e sono responsabile di una piccola azienda destinata poi a espandersi; Gianni, che ha già vinto un Giro d’Italia e un sacco di classiche, decide di passare dalla Molteni alla ricostituita Sanson. Una sera mi telefona e mi propone di fare il massaggiatore personale nella sua nuova squadra; ovviamente ho mille dubbi, lo stesso mia madre, oltretutto sono alla vigilia del matrimonio con Egidia, ma è mio padre Domenico a spingermi ad accettare. Il caso vuole poi che proprio il giorno del mio matrimonio ci sia l’esame di ammissione al corso di massaggiatore sportivo al quale subito mi ero iscritto; così la mattina mi sposo, corro a Milano per l’esame e torno per il pranzo di nozze. Non pago, la sera vado a Bergamo con Motta che deve presenziare a una serata con personaggi importanti mentre Egidia, nell’attesa, va al cinema con mia sorella Carla e i nostri testimoni di nozze…”.
Nel 1971 l’approdo a Varese e al basket: “È il dottor Piero Modesti, medico alla Ignis e alla Salvarani a cui nel frattempo sono approdato, a insistere – ricorda Galleani – così, durante i Mondiali di ciclismo su pista che si svolgono proprio a Varese e in cui sono impegnato con la Nazionale, ho un colloquio con Giancarlo Gualco. Per i primi due anni l’impegno è una sorta di part time che mi consente di restare anche nel ciclismo, sfruttando la “stagionalità” dei due sport. E sono grato a Marino Capellini che, nei momenti più difficili, come un genitore mi ha spronato e consigliato”.
Le curiosità sarebbero mille, come le domande. Ma ci dobbiamo limitare…
Se parliamo di scaramanzie, nessuno batteva Aza Nikolic: “Fumava molto, anche durante gli allenamenti, e sistemava i mozziconi in un modo sempre uguale dentro il posacenere; fumavo anch’io, una volta spensi la mia sigaretta nello stesso posacenere e mi accorsi più tardi che lui aveva rimosso il mio mozzicone… Ma il Professore aveva altre mille scaramanzie”.
Gli scherzi, all’epoca della grande Ignis, erano una costante e una caratteristica di quel magico gruppo… “Forse si pensa che Dino Meneghin fosse il più scatenato ma non era così. Aldo Ossola era una delle menti ma… tirava il sasso e ritraeva la mano. Direi che il più attivo era Marino Zanatta e vi dico che solo qualche anno fa, durante la presentazione in una libreria di Milano del libro scritto da Meneghin con Flavio Vanetti, Marino trovò per caso in un angolo delle tacche antifurto che infilò di nascosto nelle tasche di molti dei presenti; non vi dico che cosa accadde mentre tutti guadagnavano l’uscita…”.
Oggi Sandro ha un solo desiderio: dedicare ogni istante alla sua amatissima Egidia. “Le ho rubato troppo tempo in passato – confessa – e, anche se l’ho fatto per il lavoro, non so come mi abbia perdonato…”.
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