Lo abbiamo già sperimentato in tempo di pandemia: l’intrattenimento televisivo, davanti alla catastrofe, barcolla paurosamente e in questi primi tempi di guerra, la storia si ripete.
Nel momento in cui – teoricamente – ci sarebbe più bisogno di evasione, di distrarre il cervello dai pensieri e dalle immagini brutte – far ridere e scherzare diventa tremendamente difficile, quasi fuori luogo, e chi lo fa per mestiere sembra quasi scusarsi prima di andare in scena nella sua consueta veste.
È capitato a Luciana Littizzetto, che domenica a “Che tempo che fa” è stata l’unica, dei molti comici presenti fissamente nel cast, a essere ammessa anche alla puntata bellica, dove però ha subito calato l’asso della lettera di preghiera. Ti faccio ridere, ma anche commuovere, è stata insomma la sua tattica… non proprio un intrattenimento leggero.
A Domenica In, Mara Venier è passata disinvoltamente dal dibattito sull’Ucraina con autorevolissimi ospiti a un’intervista piaciona al ben noto Achille Lauro, la cui unica ma immane colpa è parsa essere il fatto di mettersi a parlare di moda e espressione della personalità in un momento in cui – tutto sommato poco lontano dallo studio in cui lui argomentava – qualche capo di stato impazzito evocava per la prima volta le armi nucleari.
La Carlucci venerdì sera ha preferito chiudere per una settimana il suo baraccone sud-coreano (“Il cantante Mascherato” è un format che viene da quelle parti, e si vede…) mentre fiorivano ovunque speciali informativi, messi su tanto in fretta da cadere – talvolta – nelle trappole delle fake news pescate dalla rete, con filmati di bombardamenti e distruzioni proposti come freschissimi e invece vecchi di anni.
Il giorno dell’attacco si è distinto Canale Cinque, che non ha rinunciato a proporre in prima serata l’ennesima – la 44esima, in questa stagione! – puntata del suo reality show principe, “Il Grande Fratello”. Anche in questo caso, all’inizio è scattato il sermoncino d’obbligo – anzi, “excusatio non petita…” – di Alfonso Signorini, che è suonato più o meno così: “Il nostro lavoro è offrirvi qualche ora di svago, senza pretese, anche in questi tempi di preoccupazione” e poi subito via con le liti belluine tra concorrenti, insulti e lacrime come a dire che il germe della guerra alberga pure nelle comode stanze delle nostre case, basta coltivarlo.
Intere fasce televisive si convertono all’informazione, mentre altre rimangono incredibilmente indenni dal dilagare dei bollettini di guerra, e proseguono nella loro trattazione di eroi delle cronache rose, divorzi di starlette e altri temi leggerissimi, quasi evanescenti: vedasi le trasmissioni del pomeriggio.
Ma insomma: l’intrattenimento serve o non serve, quando la guerra o la pandemia, o il terrorismo, o la più dura crisi economica bussano alla porta? La risposta forse c’è, ma è deludente: l’intrattenimento serve se è vero, onesto e credibile. Come serve l’informazione, se è vera, onesta credibile. L’intrattenimento che fa informazione, o viceversa, sono sapori non per tutti i palati, soprattutto in questi gravi momenti.
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