“Fare il gioco dell’aggressore non è compatibile con la nostra neutralità”. Con queste poche ma ferme parole il Presidente di turno e ministro degli esteri della Confederazione Svizzera, il medico ticinese di origini italiane Ignazio Cassis, lunedì 28 febbraio, ha sancito una svolta storica per il suo paese schierandosi apertamente a fianco dell’Unione Europea nell’isolare dal resto del mondo la Russia di Putin che, mosso da un riflesso neo hitleriano, ha deciso di attaccare l’Ucraina, uno Stato libero e sovrano nel cuore dell’Europa centrale.
Cassis lo ha fatto dopo qualche tentennamento delle autorità federali di governo messe alla strette da un lato dall’oggettivo precipitare degli eventi e dall’altro da una crescente pressione dell’opinione pubblica. Prova ne sia che il Consiglio nazionale ovvero il Parlamento ha, alla fine, approvato la decisione con 147 voti a favore, 41 contrari e 8 astenuti. In gioco c’erano i valori della libertà, della democrazia politica e della sovranità degli Stati.
L’alternativa era quella di schierarsi, sia pure sotto traccia, con chi ha invece messo in campo azioni “politicamente e moralmente inaccettabili” come ha sottolineato Cassis, o quanto meno di scegliere la strada dell’ambiguità, dei ni, delle mezze verità, una china scivolosa e pericolosa in netta contraddizione con le migliori tradizioni elvetiche di umanità e solidarietà (La Croce Rossa internazionale ha sede a Ginevra) che fanno da contraltare a una Svizzera votata principalmente agli affari e ai tornaconti economici.
Certo la decisione di allinearsi alle pesantissime sanzioni contro Putin e il suo entourage di miliardari amici e complici, imposte da Bruxelles, appanna di certo il ruolo di mediatrice dei conflitti e delle contese internazionali storicamente riservato alla Confederazione. È stata girata una pagina fondamentale della storia rossocrociata. Molti se ne dorranno, soprattutto le persone più avanti negli anni, ma il passo compiuto era ineludibile. Siamo peraltro certi che sulla scelta del governo e del parlamento elvetico abbia pesato, in qualche misura, la memoria delle molte vicende in chiaro oscuro dell’ultima guerra mondiale relative alla politica economico -finanziaria della Svizzera; Svizzera che tra il 1940 e il 1944 si era macchiata di gravi responsabilità denunciate nel 2006 dalla commissione d’inchiesta federale presieduta dallo storico Jean-Francois Bergier. Uno spartiacque per l’opinione pubblica più avvertita.
Perché se è vero che la Confederazione in complesso resse la sfida dell’ospitalità di profughi ed ebrei in fuga, è altrettanto vero che la neutralità venne violata in molte occasioni con il sostegno finanziario ad imprese svizzere attive in Germania; con la fornitura di armi al regime hitleriano; con la vendita di impianti industriali utilizzati indirettamente e direttamente dai nazisti per fini bellici; con la custodia di capitali, oro, gioielli e opere d’arte nei caveau inaccessibili delle banche. Alla luce di questi fatti storici che la Svizzera, di fronte all’indicibile aggressione putiniana, abbia messo in secondo piano la propria celebrata neutralità, è una buona notizia per tutti.
You must be logged in to post a comment Login