Messo in gioco il valore supremo della libertà, difenderlo tocca a chiunque appartenga a Paesi non ostaggio della servitù totalitaria. Con un rimpianto afflittivo. Sapevamo del rischio possibile e dell’obbligo conseguente. Anzi: dell’ineluttabilità, in un mondo interconnesso. Ma s’è data per acquisita (1) l’irragionevole sicumera: non correvamo il pericolo di sottrazione del nostro benessere. E s’è buttato l’occhio distratto (2) laddove la libertà non esiste, o se esiste viene soppressa. Una svagata corbelleria, parente stretta del cinismo che -appagati i suoi interessi- si declina in pietà di maniera, beneficenza pelosa, borotalco umanitario.
Ora, svegliàti da un sonno drogato, ci scrolliamo finalmente di dosso la polvere dell’apatia. Ecco l’alba livida della realtà vera/cruda. Voglia di potenza e furore militare del Nazificatore Rosso allertano i fondamentali dell’esistere ecumenico: convivenza pacifica, reciproco aiuto, etica della responsabilità. Eccetera. Ricchi d’esagerati beni materiali, eravamo poveri d’un oro speciale: la fraternità che non ha prezzo sui mercati. Stiamo recuperandola, tra cortei di tank, lanci di missili, scoppi di bombe. L’esercito del Male.
L’ottimista pensava: la globalizzazione -est/ovest/nord/sud- favorisce l’incrociarsi di fecondi sentimenti civili oltre che delle relazioni economico-sociali. Non è così, e aveva ragione il pessimista a veder nero: guai a stringere patti di convenienza coi dispotismi. Rimasta in penombra, l’aspirazione a migliorarci tutt’insieme (politica, dov’eri?) ha lasciato luce all’affermarsi degli egoismi partigiani. Calcoli, spregiudicatezze, affari. Chiusure, respingimenti, muri. La strategia del miope “casalinghismo” è stata terreno di grassa coltura per gli odiatori della democrazia, che l’hanno circuita con le lusinghe di facili denari. Giudicata inattaccabile, l’ottusa comfort zone dei sovranocentrici è stata invasa/violentata dal crash bellico. Inatteso? Niente affatto. Prevedibile, prima o poi.
Superato lo stordimento, il mondo occidentale e l’Europa finalmente coesa riaccendono i motori storico-liberali, ricarburano l’alleanza, esplodono fuoco sanzionistico sull’autocrate di Mosca. Ma, a guerra vinta (oremus) col despota sanguinario, e riconosciuti gli errori compiuti a suo vantaggio, dovranno pensare a vincere quelli con sé stessi, dando nuova gerarchia alle priorità esistenziali.
Francesco lo predica da tempo, e spesso un silenzio fragoroso come gli ordigni di Kiev, Kharkiv, Kherson, Mariupol ne accoglie le parole. Resta in stand by la denuclearizzazione morale auspicata/implorata dall’enciclica “Fratelli tutti”, un richiamo perdutosi nei cieli dell’indifferenza, al modo del palloncino gialloblù sfuggito dalle mani d’un bimbo ucraino in lacrime. Quando guariremo dall’atomico virus della maligna stupidità, mai finora disarmato della sua spaventosa carica d’infezione criminale?
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