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Cultura

GRANDI MAESTRI

RENATA BALLERIO - 25/02/2022

scrittori

Meneghello e Fenoglio

Per il 2022 si potrebbero fare brindisi simbolici di buon compleanno a molti centenari: da Jack Kerouac a Ugo Tognazzi o a Vittorio Gasmann, da Enrico Berlinguer a Maria Luisa Spaziani. Quasi un brindisi al mese per una carrellata enciclopedica.

Ricco il periodo tra la metà di febbraio e gli inizi di marzo. E ognuno meriterebbe attenzione: il 16 febbraio Luigi Meneghello, il 17 Mario Lodi, iniziatore del Movimento di cooperazione educativa, Beppe Fenoglio, nato il 1 marzo e morto il 18 febbraio del 1963, senza dimenticare Pier Paolo Pasolini, nato il 5 marzo. I mass media li stanno ricordando: omaggi dovuti, letture di riscoperta, riflessioni innovative di questi “maestri”. Ognuno di loro lo è stato e riesce ancora a stimolarci e a provocarci, con il suo pensiero e con la sua vita.

La generazione del 1922, l’anno in cui la marcia di Roma diede drammaticamente il via al Fascismo, ci fa riflettere sulla loro gioventù, sui loro vent’anni, sulle loro scelte. Per questo il confronto tra Meneghello e Fenoglio continua ad offrirci ricchi spunti. I motivi, tutti ampiamente studiati, sono tanti: i loro racconti di una Resistenza anti-eroica, ma vissuta e sofferta sulla propria pelle, il valore di una memoria privata che diventa collettiva, le loro scelte linguistiche, palpitanti di vita, alchemico impasto di italiano, dialetto e inglese, lingua della mente, come la definì Calvino.

Nei loro romanzi, resistenziali per il contenuto, c’ è molto di più: i sogni dei giovani, i loro amori, le loro delusioni per il “mestiere di vivere“, le domande sulla cultura e sulla scuola, come si fanno e ci fanno i “piccoli maestri” di Meneghello. Grandi maestri per noi. I loro romanzi, pagine di storia (e spesso la letteratura testimonia molto di più di certi documenti storici) sono un approccio particolare alla storia, ben oltre l’esperienza della Resistenza. Un esempio? Mister Meneghello, come fu spesso definito per il suo amore per la letteratura inglese, contestò Pasolini per i toni nostalgici per la civiltà contadina scomparsa. «Crogiolarsi – spiegava- nella nostalgia è un lusso che non vale la pena concedersi. Se hanno amato qualcosa nel passato o del passato, gli scrittori hanno una possibilità in più di preservarlo dall’oblio: fissarlo in una forma scritta».

Rendere omaggio allo scrittore langhigiano e al veneto Meneghello significa principalmente riflettere sul valore della scrittura. L’autore di Libera nos a Malo scrisse: «Ho due fonti, i pacchi delle mie carte e il buco nero della mia testa… ne ricavo sequenze di frasi (di cose) generate nel buco nero poi registrate tra le carte e a mano a mano riorganizzate in una specie di nuovo mondo». Bellissima definizione della parola scritta che ci immerge nel mistero affascinante della scrittura letteraria. Forse partendo da qui possiamo anche capire la polemica che ci fu tra Beppe Fenoglio e Pasolini per il premio Strega. Fenoglio fu incoraggiato a parteciparvi da Anna Banti. L’autore di Primavera di Bellezza, una sorta di anticipazione del Partigiano Johnny, pubblicato, pur incompiuto, postumo, risponde a Pietro Citati circa la proposta di Pasolini che vuole che si ritiri dallo Strega: «I premi letterari non mi tolgono, né il sonno né l’appetito. Io non scrivo per competizione, alla radice del mio scrivere c’è una primaria ragione che nessuno conosce all’infuori di me».

Una bella lezione contro le false competizioni o i filtri ideologici. Era il 1959… Calvino ammirava Fenoglio, Vittorini non lo apprezzava… e lui, lasciata la casa editrice Einaudi, era passato a Garzanti… Le polemiche passano ma la scrittura che ci fa riflettere rimane e ad essa rendiamo omaggio.

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