Avevo preparato un articolo del tutto diverso, come tono. Quasi scherzoso. Giocavo sulla data palindroma, e concludevo con una formuletta palindroma attribuendole capacità magiche. Chi è Putin? “Il burino con i rubli” (leggetela dal fondo, copyright Comic Astri). Non ha funzionato, sta andando molto peggio di ogni sensata previsione. Ma non posso inseguire l’attualità. Chissà che cosa sarà capitato entro sabato, quando l’articolo sarà pubblicato. Devo affidarmi ad una lettura storica a grandi linee e tramite alcuni paradossi, tutt’altro che apologetici.
Primo paradosso: la Russia nasce proprio a Kiev, dalla vittoria del principe Vladimir, al termine di una guerra fratricida. Di fondamentale importanza per lo stato russo e per la civiltà dell’Europa orientale furono la conversione di Vladimir al cristianesimo (988) e le sue nozze con la principessa bizantina Anna: la Russia divenne parte del patriarcato di Costantinopoli, aprendosi da allora all’influenza della civiltà di Bisanzio e iniziando a maturare l’idea di essere destinata a diventare la ‘terza Roma’, il soggetto politico e religioso destinato a salvare il mondo dal male.
Secondo paradosso: l’impero russo, alimentato nei secoli dall’idea di missione civilizzatrice, ha sempre ‘russificato’ la gran parte dei popoli conquistati: ancor oggi le élites dominanti di molti stati ex-sovietici sono russe o russificate. Fa parziale eccezione proprio l’Ucraina.
Terzo paradosso: per tenere insieme realtà così vaste e complesse non bastano né le leggi né la forza militare, né una certa coesione cultura e religiosa, come quella assicurata in Russia dalla Chiesa ortodossa: fin dall’800 gli zar organizzarono una polizia segreta per contrastare la diffusione delle idee ‘sovversive’. Giunto Lenin al potere, struttura e funzioni dell’Ochrana furono mantenute e furono solo cambiati i dirigenti e gli avversari: nacque la CEKA. Tutte le successive trasformazioni non ne mutarono gli scopi, né l’immenso potere ma solo le sigle (GPU, KGB, FSB) e i capi.
Quarto paradosso: a capo della CEKA Lenin pose Feliks Dzerzinski, nato da una famiglia dell’aristocrazia polacca, (all’epoca la Polonia orientale era sottomessa all’impero russo) ma presto seguace del marxismo rivoluzionario. D. fu non solo efficientissimo e spietato esecutore dell’eliminazione di ogni forma di resistenza ‘controrivoluzionaria’, ma come spesso succede ai neofiti, fu accanito autore della politica di russificazione, accompagnandosi in questo al georgiano Giuseppe Giugasvili, più noto come Stalin. D. morì improvvisamente nel 1926, ma l’impronta data alla struttura dei servizi segreti rimase.
Quando negli anni ‘90, i documenti della CEKA furono resi pubblici, si scoprì che solo nel 1921, si erano arruolati nei corpi speciali circa 250.000 persone, mentre il KGB arrivò a 480.000 addetti, tra cui il nostro Putin, che ne divenne capo nel 1998, ormai rinominato FSB. ‘Stranamente’, dopo soli due anni, Putin diviene presidente della Federazione russa. Si passa così da Vladimir Lenin a Vladimir Putin non più attraverso una selezione di Partito, ma con la forza del maggior potere reale rimasto, quello dei servizi segreti. La genealogia politica di Putin da Dzerzinski spiega il ripudio dell’Ucraina “creatura di Lenin” nel celebre discorso dell’apertura della crisi finale.
Possiamo concludere che l’ultimo Vladimir è consapevole erede di una tradizione dittatoriale, ma per necessità. Un mondo complesso, vasto e contraddittorio come la Russia difficilmente può essere governato con mezzi diversi da quelli usati per mille anni: esasperato nazionalismo e dura repressione di ogni dissenso.
Aggiungo un quinto paradosso: Putin è stato indotto alla considerata guerra di conquista territoriale dai molti errori dell’Occidente. I due principali: aver dato l’impressione di rispettare l’area d’influenza ex-sovietica, per poi sostenere la transizione democratica e filo-occidentale di Ucraina e Georgia, fino a prospettarne l’ingresso della Nato e aver aumentato la dipendenza energetica europea dal gas russo. Questo vuol dire che Vladimir/Russia ha in mano le chiavi del nostro benessere presente e futuro e che alla guerra in Ucraina farà seguito una specie di “guerra fredda, anzi tiepida”, combattuta con armi economiche e di lunga durata. C’è di positivo la ritrovata unità occidentale.
Per fermare la guerra ormai occorre un mezzo miracolo. Conservo la speranza cha alla preghiera per la pace evocata dal Papa si unisca quella della Chiesa Russa, molto legata allo Stato, ma anche molto influente su di esso e sul popolo: è anch’essa una radice che affonda nel passato ma può essere efficace nel presente almeno quanto quella dei tre “Vladimir”.
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