Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Editoriale

BRIVIDI

MASSIMO LODI - 25/02/2022

sanremoUn prete durante l’omelia cita tre canzoni di Sanremo per spiegare il Vangelo.  Clamori pro e contro, dopo il coup de théâtre del coparroco di Lonato del Garda, a nome don Matteo, che intona durante la messa domenicale “Brividi”, “O forse sei tu”, “Apri tutte le porte”. Mahmood e Blanco, Gianni Morandi, Elisa. Gorgheggiati, Mahmood e Blanco, perché i loro tremori sono gli stessi provati da San Pietro all’incontro con San Remo, che non esiste ma chi se n’importa. Gianni Morandi, perché bisogna fare come indicano le sue note, quando si ricerca l’eterno nella quotidianità. Elisa, perché tutti giorni, a nostra insaputa, incontriamo nell’altro ciò che potrebbe chiamarsi Alto.

Il prete fa spettacolo col proposito di richiamare l’attenzione dei giovani, attualizzare il Verbo, dimostrare a chi non la frequenta -o la frequenta poco- che la Chiesa è un luogo amico. Moderno. Perfino à la page. Non è la prima volta del metodo-show. Sostiene il celebrante: la musica rappresenta un linguaggio universale. Se la pratico, tutti mi capiscono. Se mi capiscono, tornerà volentieri da me il fedele, e s’incuriosirà a venirci per la prima volta il laico, l’indifferente, l’agnostico. Dato che la casa del Signore si spopola, ecco come riabitarla. Il fine giustifica i mezzi.

Gratificato dal trionfo sui social, don Matteo chiude così un’intervista a Repubblica: “Non voglio che i riflettori siano puntati su di me, però sono felice perché chi mi scrive non parla delle canzoni, ma del Vangelo e questo è sempre un bene. È Gesù il vero figo e l’ha dimostrato anche stavolta”.

Apperò, che stile sacerdotale usare la terminologia giovanilistica acchiappa-like. Rimossi buon gusto, garbo, riguardo. Cose formali? No, cose sostanziali. Idem a proposito della “sanremata” sul pulpito. Ok l’aggancio della contemporaneità allo scopo d’attrarre i ragazzi, e non solo loro. Benissimo vivacizzare le prediche, a volte d’una noia pesante come il mattone. Va bene diffondere il Vangelo con ogni artifizio. Però andrebbe prestata sobria cura ai ruoli, evitando confusioni: non è la Chiesa a dover pescare i segni (eventuali) del sacro in qualche microfonata all’Ariston. Sono gli ascoltatori d’un brano e dell’altro a doverlo cercare in omelie che -quando bene argomentate/esposte- non necessitano di spettacolarizzazione per scaldare il cuore dei convenuti.

Il Papa nel messaggio alla Giornata mondiale delle comunicazioni sociali ha spiegato che bisogna “ascoltare”. Ma si riferiva “…all’ascolto di sé, delle proprie esigenze più vere, quelle inscritte nell’intimo di ogni persona”. Una pratica realizzabile senz’inseguire l’onda dell’ultimo successo canoro, televisivo, mediatico eccetera. La popolarità non equivale in automatico alla religiosità. Passata l’euforia della trovata melodiosa, quanti -motivati dal consenso cristiano- s’accomoderanno nella platea di don Matteo?

Ps

Ben altri brividi ci son corsi negli ultimi giorni lungo la schiena. Scosse gelide che vengono da Est e sconvolgono il mondo. Solo due cenni in aggiunta ai commenti che trovate qui accanto. 1) Giovanni Paolo II indicò le quattro condizioni essenziali richieste dalla pace: verità, giustizia, amore, libertà. Non se ne trova una nel campionario argomentativo russo a sostegno dell’invasione in Ucraina.

2) Il poeta libanese-americano Khalil Gibran, spesso ispirato dal cristianesimo, ha scritto: se ti sedessi su una nuvola non vedresti la linea di confine tra una nazione e l’altra, né la linea di divisione tra una fattoria e l’altra.

Peccato che Putin, e molti come lui, non possano sedere su una nuvola.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login