Se chiedete all’italiano medio quale sia il problema che oggi lo preoccupa di più, difficilmente emergeranno i commenti sugli intrighi di palazzo, quanto piuttosto l’aumento dei prezzi che sta cominciando a scardinare l’economia spicciola delle imprese e delle famiglie.
Da quasi vent’anni la nostra economia viveva con prezzi sostanzialmente stabili e con un potere d’acquisito dell’Euro che si manteneva più o meno costante. L’aumento imprevisto sta portando a situazioni complicate, ma solo chi ha i capelli grigi ricorda come si reagisce e come ci si cerca di muovere in una situazione di inflazione come quella che – dagli ’70 fino all’avvio dell’euro – attanagliò la nostra economia obbligando i governi ad adottare tutta una serie di meccanismi che speravamo dimenticati per sempre.
La nuova fase “calda” sta già intanto mettendo in evidenza le solite criticità, ma anche le furbizie vissute in inflazioni precedenti e infatti c’è chi si è subito allineato e “coperto”, mentre chi la subisce per la prima volta appare perplesso e più lento di riflessi. Basta vedere il menu di un ristorante: quando i prezzi sono scritti a matita o con un pudico adesivo bianco a correggere quelli precedenti ecco un pessimo segnale. Idem la sparizione dei “prezzi fissi” pubblicizzati nelle vetrine.
Temo che la fiammata di aumenti non sarà comunque una parentesi veloce, anche perché l’aumento dei prezzi all’ingrosso è già in atto da diversi mesi e gli effetti – anche fosse risolta presto la questione energetica – perdureranno nel tempo, ingigantendosi con criticità di fondo che vanno ben al di là delle motivazioni iniziali.
In queste settimane è stato sicuramente l’aumento del prezzo dell’energia a fare da detonatore, ma a ben guardare la concausa è stata proprio la pandemia che ha bloccato il mondo nel 2020 ed ha poi visto una ripresa incerta, dove i nodi dei trasporti hanno svolto un ruolo essenziale nell’aumento dei costi, anche prima dell’aumento del gas.
In una serie di onde telluriche generate dai prezzi di materie prime e trasporti – fondamentali in un mondo globalizzato (e che non lo era trenta anni fa!) – si corre a propria volta ad aumentare i propri prezzi di vendita con un effetto a valanga ancora prima di subirne gli effetti con un effettivo turnover dei propri acquisti, in una micidiale corsa preventiva che si scarica appunto sui prezzi al consumo. Nel frattempo sono venute meno per evidenti vetustà d’uso quei meccanismi legislativi di aggiornamento automatico (per esempio dei salari e delle pensioni) che permettevano di creare una rete di ammortamenti sociali per rendere mento traumatico l’impatto dei prezzi su famiglie ed imprese. Meccanismi che peraltro a loro volta creavano altra inflazione in una spirale potenzialmente inarrestabile.
Per fortuna dell’Italia l’essere nell’Euro protegge oggi almeno dalla inflazione monetaria (la lira che si svalutava regolarmente sul dollaro, il marco o il franco svizzero). Era un vantaggio produttivo nel breve termine in termine di esportazioni, ma che generava da sé altri aumenti.
È difficile infatti bloccare i prezzi per legge e qualcuno ricorderà ancora il flop dei manifesti color violetto affissi sui muri con quel “Difendi la tua spesa, telefona al governo” con i quali lo Stato negli anni ’80 invitava i cittadini a telefonare a quelli che erano i primi “numeri verdi” governativi per segnalare anonimamente i nomi dei commercianti speculatori o che ignoravano i prezzi fissi del “paniere”.
Che fare, nel breve? Intanto, una buona prassi sarebbe una temporanea ma immediata sterilizzazione dei prezzi energetici per una fascia di consumi minimi “sociali” per sostenere il reddito fisso e soprattutto quello dei pensionati, poi bisognerebbe avere più coraggio nel tassare le imprese che godono dell’aumento proprio delle materie prime, così come le rendite finanziarie speculative e non produttive, ma in un mercato globale questa è quasi una utopia.
Nonostante gli annunci “Abbiamo vinto la povertà”, non solo i poveri ci sono ancora ma sono drammaticamente aumentati e con l’inflazione fatalmente saranno sempre di più, soprattutto tra pensionati e lavoratori dipendenti.
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