Prima di presentarvi Hussein mi permetto una digressione sull’amore per la lettura.
Faccio parte della folta schiera dei lettori forti, di coloro che provano gratitudine per gli autori dei libri che li hanno accompagnati lungo il corso dell’esistenza, lettori grati della compagnia che ogni libro ci ha regalato, consapevoli del supporto ricevuto nei momenti più difficili e sempre alle prese con un ultimo libro da finire.
La passione per la lettura investe ogni tipologia di libro che va ben oltre le rigide classificazioni tra libri di evasione e libri impegnati, tra libri di carta e e-book.
Perché un libro può salvarci dalla noia, dalla solitudine, dai pensieri dolorosi.
Per il giovanissimo Hussein, reso famoso giorni fa dai media di tutto il mondo, sarà lo stesso?
O per lui la lettura sarà soprattutto fuga da un presente senza vie di uscita?
Hussein lo abbiamo conosciuto da una foto che ha suscitato ammirazione e commozione.
Dieci anni, maschio, siriano, profugo. Tre aggettivi che ci forniscono solo qualche dato identificativo. Ma sorvolano sul fatto che Hussein è prima di tutto un bambino a cui i diritti al gioco, alla felicità, all’istruzione sono stati negati.
La foto del “bambino che legge” l’ha scattata un architetto libanese, certo Rodrigues Mghames.
Un giorno esce dall’ufficio, vede un bambino che sta chino su un libro, seduto sul bordo di un cassonetto con i piedi penzoloni tra i sacchi della spazzatura, lo immortala in una foto che posta su Instagram.
È così che noi abbiamo potuto ammirare questo ragazzino profondamente assorto nella lettura ma circondato da un ambiente squallido e degradato.
Forse Hussein non sente la puzza che emana dai sacchi neri? O forse la sente, ma la curiosità di sapere che cosa c’è scritto in quel libro gettato tra i rifiuti è più forte del ribrezzo.
E poi, ci chiediamo, di che cosa parlerà quel libro che pare essere così coinvolgente: sarà una fiaba o una storia vera, un racconto di fantascienza o il diario di un viaggio verso mondi più belli e più puliti?
Grazie alla potenza dei social media, la foto di Hussein si è trovata a girare virtualmente il mondo.
Tra tanti bambini e ragazzi profughi che dalla Siria sono fuggiti in Libano, con scarse prospettive di un futuro migliore si è distinto involontariamente Hussein: quella foto gli ha miracolosamente cambiato la vita.
Un colpo di fortuna per lui, un bambino tra i tanti senza casa e senza patria.
Nella foto ha colpito soprattutto il contrasto tra l’attività “nobile” del decodificare parole e pensieri e il luogo – non luogo – della discarica.
Impossibile non pensare alle comodità che hanno caratterizzato l’esperienza della lettura dei nostri figli: la propria camera, il divano, la scrivania, la mamma o il papà che leggono la fiaba della buonanotte da un bel libro in brossura, illustrato e plastificato dagli esperti editori per l’infanzia.
La foto su Instagram ha trasformato Hussein nel simbolo della voglia di sapere attraverso l’incontro con un libro sia pure rotto e scartato.
Per questo motivo gli organizzatori del Festival Internazionale di fotografia, “Xposure”, che si svolge all’Expo Center di Sharjah, negli Emirati Arabi Uniti, hanno annunciato che pagheranno per l’istruzione di Hussein congiuntamente all’organizzazione umanitaria “The Big Heart Foundation”.
Il lieto fine ci fa gioire per Hussein, simbolo di una tragedia, quella siriana, che dura ormai da dieci anni, dieci come l’età del piccolo lettore ma ci ricorda che Hussein fa parte del 44% dei bambini siriani rifugiati in Libano che secondo l’Unicef non hanno accesso ad alcuna istruzione.
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