Il primo anno di Draghi al governo è stato difficile, non c’è dubbio. Chiamato dal Presidente Mattarella dopo la crisi del secondo esecutivo Conte (M5S – Pd – Italia Viva – Leu), aveva compiti di straordinaria importanza con una maggioranza molto larga ma con enormi contraddizioni.
I suoi risultati, fino a dicembre, sono stati buoni sia nella lotta alla pandemia, sia nell’economia, sia nel tracciare la strada italiana del Recovery Plan europeo. La crescita del Pil del 6,3% nel 2021, uno dei più alti in Europa, lo dimostra ampiamente.
Il secondo anno sarà molto più arduo. Perché è l’anno pre-elettorale (primavera 2023), perché le tensioni fra le coalizioni e i partiti sono cresciute dopo la battaglia presidenziale, perché dovrà realizzare quanto promesso e si sa che in Italia, ancora più difficile che approvare delle buone leggi, è poi tradurle in regolamenti attuativi e metterle in pratica.
Molti osservatori mettono sotto la lente d’ingrandimento lo stato dei partiti e delle loro leadership alcune delle quali davvero conciate male, in primis quella dei Cinquestelle e, a distanza, quella della Lega che sono i due gruppi più forti in Parlamento. Ma guardano con occhio critico allo stesso Draghi. Alcuni lo vedono ammaccato per non aver raggiunto l’obiettivo del Quirinale lasciato chiaramente intendere nella famosa conferenza stampa del 22 dicembre.
Vorrei riflettere su questo punto con alcune puntualizzazioni che ritengo utili. Di Mario Draghi si sa tutto e ognuno si è fatto il suo parere. Non ha mai avuto un partito e non si è mai saputo per chi votasse. Ma dire che è un “banchiere” nel senso tecnico che si dà a questa qualifica, cioè che pensa agli affari suoi e dei suoi azionisti senza una sensibilità politica generale, è completamente infondato.
Da presidente della Banca d’Italia e soprattutto da presidente della Bce ha svolto funzioni di straordinaria importanza politica con un successo eccezionale da tutti riconosciuto in Italia, in Europa e in tutto il mondo.
Oggi Draghi continua a Palazzo Chigi con il compito più decisivo che ci sia. La situazione è infatti preoccupante sotto molto aspetti: l’attuazione concreta del Pnrr; l’inflazione alta (come in tutto il mondo); lo spread tornato ragguardevole; l’aumento estremamente preoccupante delle bollette energetiche; l’occupazione che dovrebbe recuperare più velocemente; il ritorno prevedibile, sebbene meno severo, del Patto di Stabilità. Su quest’ultimo punto in particolare il suo prestigio europeo e internazionale conterà molto.
Draghi nel suo cammino di governo potrà certamente fare errori, che appariranno diversi ai diversi partiti, ma la sua è una guida sicura e autorevole che penserà al futuro dell’Italia ed è per questa ragione che è consolante averlo a Palazzo Chigi. Senza di lui saremmo probabilmente già dentro una crisi di governo al buio.
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