Caro Schulz, l’amore che ci hai insegnato è la fiducia nell’integrità degli uomini, ancora bambini e presto adulti, capaci di resistere a tutte le insidie. Caro Schulz, grazie di avercelo insegnato.
Così terminava l’articolo di Fernanda Pivano del 14 febbraio del 2000 dedicato al papà delle noccioline, i Peanuts, morto a settantasette anni nella notte tra il 12 e il 13 di quello stesso anno. Una dichiarazione d’amore molto speciale in quel san Valentino, da rinnovare anche nel 2022, in cui a novembre si festeggeranno i cento anni di Charles Monroe Schulz.
Davvero, caro Charles, ti siamo grati ancora per i sorrisi che ci hai regalato dal lontano 1950 con la prima striscia della schiera di quei bambini e del loro cane curioso, rompiscatole ma placido. La leggerezza del pensiero – dovremmo saperlo – non è mai superficialità. Anzi. A volte noi, incapaci di resistere alle insidie, lo dimentichiamo. Ci hai insegnato veramente tanto e di te si sono occupati in tanti: psicanalisti per capire Charlie Brown, eterno perdente ma mai rinunciatario, la sua solitudine abissale con bisogno di tenerezza, e il brachetto Snoopy, sempre in fuga dalla realtà ma tanto intelligente da custodire nella sua cuccia libri e un quadro di van Gogh e che ragiona sempre con la sua testa.
Sei stato analizzato da studiosi di linguistica e da attenti osservatori degli stereotipi della comicità. Ti hanno studiato anche teologi, come nel 1965 fece Robert Short, autore di un piccolo-grande volumetto intitolato Il Vangelo secondo Charlie Brown.
Qualche anno fa Famiglia Cristiana ricordò che secondo il teologo americano le strisce di Schulz “assumono spesso la forma di una parabola cristiana dei nostri giorni e che in esse si celano lezioni evangeliche da imparare anche se a volte, proprio come nelle parabole, non si è sicuri che lezioni siano”. E la lunga storia dei Peanuts – qualcuno ha calcolato che potrebbe essere un romanzo di cinquemila pagine con una trama in cui si intrecciano gioia e malinconia, delusioni ed emozioni e, persino, spiacevoli verità – ci racconta il senso della vita.
Con questo titolo a febbraio dell’anno scorso, La nave di Teseo ha pubblicato e tradotto una raccolta di piccoli ma interessanti saggi, uscita a New York nel 2019. Interventi in cui intellettuali, fumettisti e ammiratori di Schulz spiegano che cosa significhino per loro Charlie Brown. Non manca la riflessione di Umberto Eco che già alla prima pubblicazione italiana della striscia dei Peanuts, nel 1963, aveva capito che il “mondo dei Peanuts è un microcosmo, una piccola commedia umana sia per il lettore candido sia per quello sofisticato”. E in questo microcosmo, dietro battute comiche, c’è anche tanta tristezza: i protagonisti sono bambini già trasfigurati in adulti con problemi. Basti pensare a quante volte Charlie Brown inizia la sua storia, affermando sono “depresso”.
In tutte le strisce gli adulti sono assenti nell’immaginaria periferia in cui i Peanuts giocano, cercano l’amore, studiano, litigano: assenza che significa molto ed è un’accusa per nulla casuale. Costante è la ricerca del senso della vita e di verità profonde nella loro semplicità. Un insegnare fatto di immagini mai banali. In una striscia Lucy, quasi scortese e quasi acida saputella, rivolgendosi a Charlie Brown, gli ricorda il suo “guaio di fondo”. “Lo sai qual è il tuo guaio di fondo Charlie Brown?, gli dice, in una striscia. “No e non voglio saperlo. Lasciami in pace!”, risponde lui. E se ne va. Allora Lucy gli urla dietro: “Il tuo guaio di fondo è che non vuoi stare a sentire qual è il tuo guaio di fondo!”.
Forse neppure noi lo sappiamo ma ben venga chi ce lo ricorda con ironica dolcezza. Charles Schulz scrisse sull’ultima striscia pubblicata: Sono stato fortunato. E noi siamo fortunati, se riusciamo almeno a cercare la copertina rassicurante di Linus. Sono solo fumetti? Certo, ma un immenso dono d’amore anche per questo san Valentino.
You must be logged in to post a comment Login