La valorizzazione della Schiranna non è un problema di un quartiere ma deve essere considerato un problema della città di Varese e del lago nel suo complesso. Resta un fatto intuitivo che Varese, valorizzando la sua area a lago, potrebbe trarre dei benefici derivanti non solo da un maggior ordine, ma anche dei vantaggi economici.
I Comuni rivieraschi hanno costituito un’associazione intercomunale, volta a realizzare il coordinamento tra i Comuni del lago alla quale ancora Varese non ha aderito. Varese non è solo chiamata a divenire socio in breve tempo di questa associazione, ma ad assumere un ruolo di comando derivante non solo dal maggior numero dei suoi abitanti, ma anche dal prestigio di essere Comune capoluogo di provincia.
Mi spiego: solo l’essere parte di un ente sovraccomunale, finalizzato, principalmente, alla valorizzazione delle risorse connotanti il lago può condurre a fare delle scelte, che auspico, volte a realizzare una Schiranna aperta ad un turismo che la invada sostenibilmente. Questa valorizzazione, si faccia attenzione, non potrà comunque dipendere certamente soltanto dalla possibilità di un ente amministrativo di poter fare degli investimenti. Occorre che ogni cittadino si assuma l’onere di essere promotore di una nuova Varese.
È da trent’anni che aspettiamo un moto del comune e, se aspettassimo ancora un cenno immoti, rischieremmo di restare ancora nuovi trent’anni ad aspettare. Al Comune si deve chiedere di porre in essere, soprattutto, azioni politiche: questo, infatti, deve fare in modo che le sue forze imprenditoriali comprendano come possano favorire la raccolta di finanziamenti e come il territorio debba essere usato sostenibilmente allo stesso modo di un investimento che deve fruttare, ma, anche, sapersi riprodurre.
L’attuale utilizzazione della Schiranna, è palesemente fatta in modo irrispettoso di quanto vado sostenendo. Sede della fiera e degli spettacoli viaggianti, è trattata come se fosse un’area periferica cittadina. I suoi abitanti sono confinati nelle proprie abitazioni. Gli imprenditori mancano di possibilità di sviluppo.
Non a caso, il luogo dove è stato compiuto il convegno sui problemi dell’area il 4 maggio, è avvenuto proprio in un esercizio commerciale. Sono questi imprenditori che devono garantire il futuro al territorio: è grazie alla loro intraprendenza che dobbiamo pretendere soffi un vento nuovo. Dobbiamo smetterla di pretendere che il Comune possa venire a soddisfare le pretese anche giuste di noi abitanti. Queste, invece, vanno concretate con l’impegno di ciascuno. Come? I bandi di finanziamento che attualmente circolano sia a livello nazionale che europeo vanno proprio in questo senso: agli imprenditori, alle organizzazioni sociali che pianificano con le amministrazioni pubbliche viene data la possibilità di poter concorrere e vincere. Agli enti pubblici che, invece, vogliono farlo da soli questa viene negata. Questo cosa significa? Proprio che ciascuno ha un ruolo nella società, che impone vengano assunti dei compiti imprenditoriali. Diventiamo tutti innovatori del territorio che viviamo.
Da tempo vado dicendo che il territorio debba fare fruttare le proprie attrattività e che gli enti pubblici debbano pianificare in una situazione di concordia con i vicini e offrendo spazi di interazione ai privati che devono essere caldeggiati ad intervenire. Intendo con privati, anche le autonomie funzionali, per esempio, Camera di Commercio, associazioni presenti nel territorio e Università. Solo un’azione partecipata e plurisoggettiva può ottenere dei risultati effettivi e durevoli.
Cosa propongo per l’area a lago di Varese? Riscoprire tutte le proprie tradizioni. Certamente la vocazione sportiva, ma anche quelle legate all’agricoltura, alla pescosità del lago e quella naturalistica. Non posso ignorare la quantità di persone che vengono al parco di Zanzi a prendere il sole o a stare in compagnia; né il numero elevato di utenti della bella circumlacuale del lago di Varese.
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