“Per prepararmi ho passato tanti momenti in casa completamente al buio”: sul palco di Sanremo, Maria Chiara Giannetta – interprete di Blanca, la ragazza cieca protagonista dell’omonima serie televisiva – racconta come è riuscita ad affrontare il difficile ruolo.
Ci sono due tipi di trasmissioni che non sopporto: i film a puntate e Sanremo, ma stavolta ho dovuto rinunciare ai miei…come definirli? princìpi? preconcetti? L’ho fatto per esorcizzare una delle mie – poche – paure: quella di diventare cieca. Per guardare la serie televisiva, ho dovuto adattarmi al fatto che RAI 1 decidesse il giorno e l’ora in cui avrei potuto vedere le puntate. Per Sanremo, invece, è stato facile: mi è bastato individuare i momenti che mi interessavano e cercarli su RAI play il giorno dopo.
Un click e Maria Chiara è lì a chiederci di chiudere gli occhi per qualche istante. Lo faccio anch’io e seguo i suoi suggerimenti: ascolto. Non solo i rumori, ma gli odori, il mio respiro, il battito del cuore, il sapore che ho sulla lingua. Non mi serve a molto – penso – ci vorrebbe un lungo esercizio. Quando riapro gli occhi, sul palco ci sono altre quattro persone. Tutte cieche. Sono “i suoi guardiani”, così definisce coloro che le hanno insegnato a muoversi come se non ci vedesse.
In realtà, però, le hanno dato molto più che semplici consigli: Michela le ha insegnato a vivere con un tempo dettato solo da lei; da Marco e Sara ha imparato a chiedere aiuto, senza farsi condizionare dall’orgoglio o dalla paura di sembrare debole; Maria, vincitrice di 3 medaglie ai giochi paralimpici, le ha fatto capire che niente è impossibile se c’è la volontà di ottenerlo. Veronica, di cui appare solo la foto, l’ha introdotta nel mondo dei cani-guida e, con la sua ironia, le ha spiegato che alcuni ostacoli sono inevitabili: quelli bassi il cane te li segnala, ma quelli alti li prendi dritti in faccia.
Finalmente il racconto di un’esperienza concreta, che non cede alla retorica e non strizza l’occhio al politicamente corretto, come sembra sia d’obbligo fare per chi partecipa a quel mega-contenitore che si ostinano a chiamare “festival della canzone”.
“Ho imparato ad ascoltare oltre ciò che vedo, oltre i miei pregiudizi, i miei imbarazzi, i miei disagi, le mie paure. Ho scoperto che quello che non conosco è una ricchezza infinita che mi rende umana” – conclude Maria Chiara.
Ho esorcizzato la mia paura? Non credo, ma questa cosa della ricchezza infinita mi è piaciuta molto: benché sia difficile da accettare, è comunque consolatorio sapere che anche un mondo completamente privo di luce possa aprire orizzonti insperati. Ma ho anche considerato la cecità fisica come metafora della cecità mentale, di quell’atteggiamento che ci impedisce di esplorare ciò che non conosciamo per la paura di abbandonare le nostre certezze. E così ci costringe a restare bloccati sulla superficie della vita e a perdere tutto ciò che sta oltre, in definitiva, per quanto possa sembrare paradossale, anche la nostra stessa identità.
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