L’incontro con il Santo Padre del 5 febbraio scorso è stata una delle esperienze più intense ed emozionanti che abbia mai vissuto. Le sue parole, rivolte ai 100 sindaci dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni d’Italia), sono state di grande ispirazione e spunto per diverse riflessioni.
A partire dall’importanza per le nostre città di avere una progettualità in grado di investire in bellezza, educazione, aggregazione sociale e legalità. Paradigmi essenziali a cui dare valore e centralità. Il riferimento è un invito legato a quella che il Pontefice ha ben definito la capacità di “saper sognare una città migliore e saper condividere il sogno”. Ecco, è questa la riflessione che credo racchiuda, più di ogni altra, l’essenza del compito a cui ogni buon amministratore è chiamato: avere una visione di città e sapere coinvolgere, attraverso la partecipazione, tutti gli attori sociali.
Si tratta di considerare il contesto urbano nell’insieme di tutte le sue relazioni complesse e variabili, fatte di componenti materiali e immateriali, in cui sono connessi elementi sociali, culturali, fisici e politico-economici. Un insieme complesso e articolato la cui ricchezza va custodita e rafforzata, mettendo in comune tutte le competenze, le risorse, favorendo la partecipazione e, come ha sottolineato il Papa, “affiancando all’ascolto il coraggio dell’immaginazione”. Non potrebbero esserci parole più belle per spiegare il ruolo a cui siamo chiamati come amministratori, a maggior ragione in questa fase storica così delicata.
Importanti anche i riferimenti alle periferie, che non vanno solo aiutate, ma che devono trasformarsi in laboratori di un’economia e di una società diverse, e all’impegno storico che coinvolge tutti noi, vale a dire quello di perseguire la pace sociale, rafforzando il senso di appartenenza alla comunità, mettendo in comune vocazioni, competenze, risorse.
Veniamo da due anni connotati dalle difficoltà che la pandemia ha fatto emergere, con conseguenze drammatiche in cui però non sono mancate esperienze di grande solidarietà: anche a livello locale lo abbiamo sperimentato. Ora è il momento di guardare al futuro e le parole del Papa lanciano un messaggio di rinascita: la sfida che si pone davanti a noi è quella di dotare le nostre città di un progetto di convivenza civile in grado di aprire al confronto, alla partecipazione, con una visione a lungo termine.
Un cambio di passo che condivido in pieno e che credo oggi possa trovare attuazione grazie alle opportunità del PNRR, per una nuova visione di città innovativa, aperta, sostenibile, inclusiva e partecipata. Una direzione che la nostra città ha già intrapreso in questi anni, ad esempio con il nuovo studentato che sorgerà a Biumo Inferiore, per il quale sono in corso percorsi di partecipazione aperti a cittadini, studenti e associazioni; con l’attenzione per gli impianti sportivi della città, per il valore che ha lo sport come elemento educativo e aggregativo; con il grande piano di riqualificazione e ammodernamento delle scuole varesine, un impegno rivolto alle nuove generazioni che abiteranno la città di domani; con l’attenzione ai quartieri, per una loro maggiore centralità nella vita cittadina, attraverso interventi di rigenerazione come il nuovo polo scolastico sportivo di San Fermo, che si fonda su percorsi di partecipazione e ascolto della comunità. Una direzione che proseguirà anche nei prossimi anni, per dotare così Varese di politiche urbane che siano incentrate non solo sulla dimensione spaziale e organizzativa, ma soprattutto sui bisogni: abitare, lavorare, accedere a istruzione, formazione, cura e inclusione, per una reale vivibilità a tutti i livelli.
L’incontro con il Papa è stato un momento che non scorderò mai. Ho colto inoltre l’occasione per invitarlo al Sacro Monte di Varese in occasione del Giubileo 2025: sarebbe un onore immenso per la nostra città.
Davide Galimberti, Sindaco di Varese
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