Algoritmo è l’insieme di atti, meditazioni, pensieri e micro calcoli che avviene quando sono davanti a una chicchera di caffè e devo o non devo metterci lo zucchero. Mi è quindi più congeniale con o senza zucchero? Caffè caldo bollente o tiepido? Meglio lungo o ristretto? Il manico della tazza a destra o a sinistra? Il cucchiaino dove lo metto? E così via.
Il mio cervello è in micro ebollizione fin quando non avrò bevuto, ma un computer con la sua intelligenza artificiale può sostituirlo e arrivare a mettermi davanti, sul banco del bar, una profumata tazzina di caffè tutta O.K: ossia perfetta.
A dir la verità al posto del computer preferirei avere davanti una simpatica persona, di genere maschile o femminile, giovane o più matura, sorridente o più compunta, che mi dice: “Ecco il suo caffè, signor Rompi. Oggi è omaggio della ditta. É dieci anni che siamo aperti!”
Salta fuori che l’algoritmo è un unico o un insieme di algoritmi singoli e semplici che si uniscono in un complesso più organico. La nostra vita è piena di algoritmi. Siamo sempre vissuti in mezzo a “questi così qui”, ma non ci eravamo mai focalizzati su di loro in questo modo, rendendoci conto che un freddo computer può sostituirci. Ora invece in modo pragmatico stiamo oggettivando la realtà diversamente. Ci rendiamo conto che tutto è regolato da un gioco statistico – matematico: ma così è più vivibile o più stressante? E noi siamo più liberi o più controllati?
A noi sembra di essere liberi, pur essendo immersi nella necessità di dover continuamente fare scelte talvolta importanti: fare o non fare la vaccinazione, cambiare o no stile di vita, fare o meno una certa operazione bancaria (e in questo campo l’unificazione delle banche ci impone il controllo di pochi sui capitali, alla faccia della nostra libertà), realizzare o no un certo lavoro, e così via.
Ma vien da chiederci: ci sono spunti della nostra vita che sfuggono agli algoritmi, ossia momenti dove noi siamo veramente liberi? Forse tutto dipende solamente da che cosa si intende per “libertà”; credo che possiamo essere tali, cioè liberi, anche se assolutamente controllati dalle moderne micidiali tecnologie che arrivano a controllare le nostre psicologie, le nostre inclinazioni, per ovvi loro interessi.
Ho avuto modo di sentire le parole di Papa Francesco all’Angelus di questa domenica: se lo ascoltiamo, secondo me abbiamo la possibilità di restare liberi, cercando di essere capaci di umiltà profonda in modo da comprendere Gesù (cercando di non essere scemi …). Capire lui vuol dire capire l’essenza della realtà. Sì, ma allora bisogna essere religiosi, credere, avere fede. E invece forse no! L’atteggiamento che lui suggerisce è tale che resti libero anche se non credi, anche se sei ateo, ma umilmente ateo, per cui questo atteggiamento ti permette di essere veramente libero qualunque sia il tuo pensiero esistenziale.
Se sei convintamente umile, anche se sai di essere il più bravo e molto dotato, non ti perderai in te stesso ma interpreterai la vita nel modo più libero, in modo da essere indipendenti rispetto agli algoritmi, rispetto a tutte le allettanti cialtronerie che ci oberano come la pubblicità, le sirene del consumismo, le fake news, gli specchietti delle allodole della realtà superficiale.
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