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Lettere

CRITICA ALLA POLITICA, NON ALLA PSICOLOGIA

- 31/01/2022

Egregio Direttore, ho letto con disappunto e vorrei dire incredulità l’articolo di Costante Portatadino intitolato “Rimedio? No” pubblicato su Rmfonline il 28/1/2022. Al contrario di quanto sostiene l’articolista, istituire lo psicologo di base significa fornire un’alternativa alla medicalizzazione del disagio: l’approccio alla base di questa iniziativa implica una concezione integrata dell’essere umano che va al di là dell’idea di malattia. Inoltre introdurre un servizio psicologico di base non significa istituzionalizzare la felicità a tutti i costi, dissociando dolore, fatica e sofferenza, ma, al contrario, garantire un ulteriore spazio di contatto con affetti altrimenti negati dal costante fluire delle relazioni e delle identificazioni che la società contemporanea propone. Mi rendo conto che l’appartenenza alla “potentissima” lobby degli psicologi possa far sembrare il mio intervento parziale, ma quanto sopraesposto è facilmente riscontrabile nei principi deontologici che regolano la professione.

Chiara Redaelli, psicologa
 

Caro Direttore, pur lasciandoti ogni diritto-dovere di rispondere ad una lettera a Te indirizzata (in realtà anche il mio scritto, pubblicato nella rubrica “Lettera alla città”, era destinato alle “Lettere al direttore”, come intervento su una precedente lettera di Monsignor Panighetti), consentimi una precisazione alla lettera della lettrice Redaelli.

Gentile dottoressa Redaelli

Mi scuso con Lei, con i lettori e con il Direttore se per la seconda volta in pochi giorni non sono stato abbastanza chiaro nel mio scritto, così da essere frainteso.  Lo ripeto, la colpa non è del lettore, è sempre di chi scrive. Ma il contesto dell’intervento chiarisce senza ombra di dubbio che la mia conclusione, avvalendosi delle osservazioni del prof. Cominelli, si riferisce esplicitamente al problema del disagio giovanile in ambito educativo. Condividendo la richiesta di Mons. Panighetti: “Certamente la famiglia, la scuola e le altre agenzie educative non bastano più: è più che mai evidente che l’intera comunità locale e nazionale deve farsene carico. Urgentemente”, rivendico la centralità della valenza educativa nella risposta al problema, oserei dire ‘di massa’, del disagio giovanile, e quindi la necessità che famiglia e scuola, principali agenzie educative, siano sostenute ma non espropriate dei loro fondamentali diritti e doveri. Detto questo, ripeto quanto un’attenta lettura avrebbe valutato positivamente: che proprio io stesso e mia moglie ci avvaliamo sistematicamente dell’apporto di competenze psicologiche e neuropsichiatriche per nostre necessità familiari e che quindi non intendiamo negarle ad altri.

Tuttavia devo ripetere che il testo della mozione, facilmente reperibile sul sito del Consiglio regionale della Lombardia, non propone sostegni all’azione educativa di scuola e famiglia, ma collocandosi totalmente all’interno del sistema sanitario, si presenta come supporto ed eventualmente filtro all’intervento medico. Cosa non solo legittima, ma utile per un numero non piccolo e temo crescente di casi, però non risponde alla diversa domanda proposta da Mons. Panighetti: come sostenere le agenzie educative nel loro specifico compito, rivolto alla totalità della popolazione giovanile.

Credo con questo di aver chiarito che il bersaglio della mia critica non era la psicologia e coloro che la praticano, ma la politica, nel suo rifiuto dell’applicazione del principio di sussidiarietà, in particolare su un punto così importante e delicato come l’educazione, mentre indulge in molti casi alla creazione di strutture a gestione burocratica.

Costante Portatadino

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