Ve la ricordate La quercia caduta, che alle elementari quelli della mia età imparavano a memoria? “La gente dice: Or vedo: era pur grande! […] Dice la gente: Or vedo: era pur buona!” Ecco: sin da allora trovavo irritante la lode postuma. Mi chiedevo come mai i morti fossero tutti un modello di virtù, mentre quando erano vivi venivano criticati o, nel migliore dei casi, trascurati. Ero candida, come tutti i bambini, mi ero imbattuta da poco nell’ipocrisia umana. Poi ho smesso di chiedermelo, ma la cosa ha continuato a darmi fastidio.
La recente scomparsa di David Sassoli mi ha riproposto ancora una volta la questione. Non perchéé pensi che tutto ciò che di positivo è stato detto su di lui non sia sentito, anzi, in questo caso credo che coloro che ne hanno parlato bene fossero convinti di ciò che dicevano, ciascuno mettendo in evidenza gli aspetti che più aveva apprezzato di lui. È solo che, ascoltando i commenti, mi si sono affacciate alla mente altre considerazioni e il pensiero è andato inevitabilmente a finire sull’odio e sulla violenza che avvelenano il nostro vivere e che i social amplificano, dando ai pavidi la copertura dell’anonimato. Ogni volta mi ritrovo a chiedermi quale soddisfazione si possa provare nell’insultare persone che, molto spesso, sono perfette sconosciute. Così come non capisco i pettegolezzi malevoli nei confronti di chi si conosce o si crede di conoscere. Salvo poi, alla sua morte, sciorinare ipocrite lodi.
Non trovo mai risposte, riesco solo a formulare ipotesi. Se mi fingo psicologa, mi dico che i violenti e i malevoli sono persone deboli e insicure, che hanno bisogno di aggredire per potersi affermare, convinte che la sopraffazione costituisca un valore. Se mi fingo filosofa, ricorro ad Eraclito: l’armonia del mondo non risiede nella conciliazione dei contrari, bensì nel conflitto, senza il quale non ci sarebbe vita, solo la quiete della morte (pòlemos, la guerra, di tutte le cose è il padre, di tutte il re). Ma Eraclito volava alto, non intendeva certo parlare dell’odio becero e gratuito a cui stiamo assistendo.
Non avendo spiegazioni, mi limito quindi ad immaginare come sarebbe migliore il mondo se dicessimo agli altri, mentre vivono, ciò che di positivo vediamo in loro, i motivi per cui li frequentiamo e li consideriamo degni della nostra amicizia e del nostro rispetto. Un mondo in cui prevalessero la gentilezza, l’ascolto e l’assenza di giudizi moralistici. È il motivo per cui cerco di mettere in atto piccole accortezze che servano da antidoto alla cattiveria e alla maleducazione: se scopro qualità positive in una persona – anche in una che non conosco e con cui ho un incontro fugace – glielo dico e la ringrazio. A me fa piacere sentirmelo dire, penso che sia così anche per gli altri, che sia un modo per dar loro fiducia in se stessi, o anche soltanto perché vedano la giornata sotto una luce diversa. Credo che la gentilezza, come l’amore per la Bellezza e per la Natura, possa essere contagiosa e che anche con piccoli gesti si possa contribuire a migliorare il mondo.
E alle persone che mi sono più care cerco di dire tutto il bene che penso di loro e della loro presenza nella mia vita. Non mi perdonerei se lo facessi solo dopo la loro morte. Non è che non si vedano i difetti di chi ci sta attorno, ma è più importante valorizzarne i pregi: importante non solo per chi riceve l’apprezzamento, ma anche per chi lo esprime. Agli amici, poi, si possono anche – con tatto e discrezione – far notare gli errori. A chi offende è meglio riservare il silenzio.
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