(S) Ti azzardi a profetizzare il risultato della elezione quirinalesca?
(C) Nemmeno per sogno! Dopo che Mattarella ha preso in affitto una casa a Roma, fatto i bagagli e iniziato il trasloco. La soluzione semplice, conservativa, forse troppo banale, davvero non è possibile. Tutte le altre soluzioni sono troppo numerose, potrebbero stare in mente Dei, ma dubito che lo Spirito Santo voglia scendere a Roma per occuparsi anche di questa elezione. Dico solo come apologia che la colpa non è forse tutta di questi malcombinati ‘grandi elettori’, dal momento che sono stati delegati a questo ed altri importanti compiti dagli elettori ‘ordinari’, al cui mandato bisogna rifarsi per attribuire la colpa della frammentarietà della situazione politica attuale.
Voglio invece farvi partecipi di una idea un po’ strana, che mi è venuta quando per caso mi è capitato in mano il grosso volume de ‘La montagna incantata’, il grande romanzo di Thomas Mann, di cui si sta avvicinando il centenario di pubblicazione. Ricordandomi di una lettura parziale ormai remota, me lo sono messo sulla scrivania, spinto dalla curiosità di rinfrescare la memoria di come un grande intellettuale avesse trattato il tema dell’impatto culturale di una malattia come la tubercolosi, che allora, senza essere pandemica, aveva un fortissimo impatto sociale. Aperto il libro, mi sono accorto di una interessante appendice: la conferenza tenuta dallo stesso scrittore agli studenti di Princeton.
Mi ha sorpreso il racconto che l’autore fa dell’origine del suo capolavoro: doveva essere solo un racconto satirico sulla vita dei ricoverati nei sanatori, un mondo a parte, quasi di reclusi, una specie di lockdown, ma coinvolgente nell’idea della morte, possibile o imminente. Tuttavia questo mondo separato ha un suo fascino, tanto che il protagonista, entratovi solo per fare compagnia per poche settimane ad un parente, vi rimane per un tempo ben più lungo, quasi contento di scoprire i sintomi di una possibile malattia che ne richiedono il ricovero. Questo fascino è ciò che dilata il racconto fino a diventare un grande romanzo ‘di iniziazione’, come lo definisce la critica e di ricerca di senso, se accettiamo la definizione di “cercatore del Graal” che Mann finisce per attribuire ad Hans Castorp, il protagonista, il suo ‘eroe’, che rimane un borghesuccio senza qualità, che non troverà questo senso della vita, prima di essere gettato nelle trincee della prima guerra mondiale. L’eroe non muore da eroe nella battaglia, come non era morto di tubercolosi. Lo scrittore lo ‘abbandona’ dopo averlo fatto sopravvivere miracolosamente allo scoppio di una granata e gli dà un addio che forse riguarda anche noi, sopravvissuti (per ora e se Dio vorrà) alla pandemia e al nostro desolante opportunismo: “Addio, sia che tu sopravviva o muoia. Le tue probabili sorti sono brutte; la mala danza nella quale sei trascinato durerà ancora qualche anno, e noi non ci sentiamo di scommettere che ne uscirai salvo… Avventure della carne e dello spirito che hanno potenziato la tua semplicità, ti hanno permesso di superare nello spirito ciò che difficilmente potrai sopravvivere nella carne… chi sa se anche da questa mondiale sagra della morte, anche dalla febbre maligna che incendia tutt’intorno il cielo piovoso di questa sera, sorgerà un giorno l’amore?”
(O) Accolgo volentieri un invito alla lettura, pur consapevole che non sarà facile, per chi è tanto distante dal mondo e dal tempo ivi descritto.
(C) Attento, Mann consiglia agli studenti di leggerlo due volte, per comprenderlo ed apprezzarlo.
(S) Attento Costante! Viste le incomprensioni che lamenti nella lettura dei tuoi testi, (segnalate nelle “Lettere al direttore”) dovremmo consigliare ai lettori di leggere due volte anche queste tue fortunatamente brevi Apologie. Anch’io lo rileggerò, perché ciò che si richiama di nuovo alla memoria si comprende molto meglio. Ma lo farò anche per una ragione più urgente e attuale: vedere rispecchiato in quel tempo certi aspetti del nostro, forse alimenterà il desiderio di uscire da questa “febbre maligna” che non è il covid-19, è questo senso di sfiducia collettiva che ci circonda e certamente influisce anche sui pensieri e sulle azioni di chi non vorrebbe arrendersi alla magia maligna e incantatrice di questo tempo, che ci fa oscillare come allora tra l’irragionevole utopia di una perfezione universale e salvifica e la pratica di mezze misure opportunistiche nel governo della quotidianità.
(S) Sebastiano Conformi (C) Costante (O) Onirio Desti
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