Quando leggerete questo articolo sarò (forse) sulla via del ritorno dopo più di tre settimane di soggiorno volontario di lavoro in Tanzania, con l’Associazione APA, Amici Per l’Africa. Dico forse perchéé oggi è diventato così difficile viaggiare, e anche rientrare da questi Paesi risulta rocambolesco e poco predicibile, non tanto per l’uscita dalla Tanzania piuttosto che il rientro in Italia.
Soprattutto per la fatidica quarantena, che se fosse da fare la trascorrerei molto volentieri qui in Africa. Come è cambiato il mondo in solo pochi mesi, il nord messo in ginocchio dalle varianti del coronavirus, il sud (del mondo) alle prese con un difficile sviluppo economico e sociale per cui il virus quasi manco sanno della esistenza. Vi scrivo da una stanza dell’ospedale St. Kizito di Mikumi in una zona sperduta a sud della Tanzania verso il confine col Mozambico, una regione ricca di manghi e banane, di bellissimi parchi naturali dove vivono liberi gli animali che vediamo nei documentari.
Dopo quasi 36 anni di pendolarismo con il Continente Nero è diventato così complicato viaggiare per una serie di motivi, prima la povertà estrema, poi il terrorismo, ora la pandemia: sembra così distante questo modo di vivere la normalità che non mi sembra vero essere riuscito a partire. Tamponi rapidi, test molecolari naso faringei, negativo, positivo, debolmente positivo, basta una di queste parole, mesi fa astruse o sconosciute, a capovolgere piani, perdere prenotazioni, disdire incontri, finire sostanzialmente a terra da una parola: “positivo”.
Di solito positivo significa qualcosa di buono mentre oggi il lessico e i significati vengono capovolti. Quindi isolamento, quarantena e tutte le cose che sapete che dobbiamo fare, norme, normative, obblighi, mascheramenti, nuovo tamponi, ect… Ma quel che è peggio è che si vive come al supermercato in una specie di caccia all’untore perché se non indossi bene la mascherina, se non mantieni un adeguato distanziamento sociale ect… (norme giuste da rispettare) vieni richiamato e redarguito. Si, un mostro invisibile ha spaventato il nostro “Humani generis” (leggere Morselli in Dissipatio Hg è un imperativo), limitando libertà personali e infliggendo inediti confini, alimentando nuove paure e solitudini, mentre qui in Africa tutto scorre nel suo placido percorso rettilineo nel modo più naturale e semplice possibile.
È assurdo provare di nuovo il gusto di vivere e la normalità, proprio in un paese assediato da molte altre urgenze ben più gravi di un semplice virus che ha minato profondamente le esistenze e di un intero pianeta. Vero che tamponi qui pochi, vaccinati men che meno, eppure ve lo dice uno che qui vive negli ospedali: vi assicuro che qui il Covid se c’è, si nasconde bene. Mente in Italia e specialmente in Lombardia sembra mettere a dura prova la nostra psiche, condizionando anche le più semplici relazioni interumane.
Non mi (s)piegherò mai come le persone ormai siano dentro a questa follia collettiva, vax e no vax, e si siano dimenticate di vivere. Noi medici facciamo quello che la scienza conosce e per rispetto del grande tributo pagato, sarò sempre vicino alla loro memoria. Intanto faccio il pieno di felicità e calore, anche se all’Italia e alla mia città non rinuncerei mai, ma non so per quanto durerà il carburante di felicità rispetto alle continue varianti del Covid, e non so quando riacquisteremo la libertà. Certo è che la voglia di rimanere qui è tanta se non altro per evitare i tg, le fake news, i bollettini di guerra, le polemiche, le false profezie che “uccidono” più di ogni altro virus.
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