Il 10 gennaio scorso sembra possa essere stato una data importante per il futuro di Varese. Esaurite le sbornie natalizie (si fa per dire), salutato senza rimpianti il 2021 all’insegna delle novità (dallo zampone al tampone…) quel giorno segna la teorica ripresa dei cantieri già avviati nei mesi scorsi. Riguardano il comparto delle stazioni – che abbraccia un’area decisamente ampia –; la ex caserma e l’annessa piazza Repubblica (dove c’è da smantellare un teatro e costruire un mercato coperto); la terribile strozzatura del fine raccordo autostradale, con i guai di largo Flaiano; forse l’area di via Carcano oggi adibita a parcheggio dopo la demolizione di una vecchia azienda; quindi il Palaghiaccio (ormai a buon punto di una ristrutturazione che viaggia per i fatti suoi, senza creare molti disagi); dalla primavera il Palasport di Masnago (sperando che nel frattempo la Pallacanestro Varese non sia già ruzzolata in Legadue).
E poi, chissà, potrebbe prendere largo l’aggiornamento del Politeama per farne il nuovo teatro – questa storia, si sa, è legata al filo doppio alla chiusura dell’Apollonio -, così come potrebbero esserci sviluppi (senza che ancora si attivino le ruspe) sull’area ex Aermacchi. Fatta la premessa che sono un fautore non di una Varese 2.0, ma addirittura di una Varese 3.0 che coniughi scelte da terzo millennio con il mantenimento di un’identità storica, la quantità di cantieri che si prospettano mi ha invitato a trovare una sintesi.
Con un pizzico di apprensione l’ho trovata nell’avverbio (che può anche essere aggettivo) “troppo”. Troppa carne al fuoco. Troppo “casino” in arrivo (qualcuno della viabilità ha in mente un buon piano per evitare la paralisi, magari rivedendo – nell’emergenza, ma anche in prospettiva – uno schema di circolazione forse obsoleto?). Troppo tempo perso. Troppi accavallamenti di iniziative, senza trascurare che una città con le strade modello “gruviera” (caro Galimberti, al di là del periodo invernale non favorevole, è già finita la campagna di asfaltatura, visto che le elezioni sono passate?) e con marciapiedi a dir poco indecenti avrà bisogno pure di ulteriori cure. Ma il troppo è purtroppo figlio di un’altra parola: nulla. Il nulla che conosciamo da anni. Pure questi troppi.
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