Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Attualità

VELLEITARISMI

GIANFRANCO FABI - 07/01/2022

I presidenti della Repubblica succedutisi sino ad oggi

I presidenti della Repubblica succedutisi sino ad oggi

Il primo mese di questo 2022 sarà segnato dall’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Al di là delle scelte della politica attorno ai nomi e alle strategie da seguire, scelte che cambiano giornalmente, si muove sullo sfondo un dibattito sul ruolo, sui poteri, sugli equilibri che guidano la presidenza della Repubblica. La Costituzione fissa con precisione compiti e doveri del Presidente. L’ottica dei padri costituenti è stata soprattutto quella di evitare il più possibile il ripetersi di un’esperienza disastrosa come quella della dittatura fascista.

Al Presidente sono quindi riservati pochi anche se importanti compiti come quello di nominare il presidente del consiglio e i ministri così come quello di sciogliere le Camere oltre a svolgere un compito di alta rappresentanza dell’unità nazionale.

Anche il fatto che il presidente venisse eletto in via indiretta dal Parlamento e non direttamente dai cittadini era stata presa per evitare che un’elezione diretta potesse conferire eccessivi poteri e potesse dar vita a tentazioni totalitarie.

Bisogna notare peraltro che i sette presidenti che si sono succeduti al Quirinale hanno interpretato ognuno in maniera diversa il loro compito, anche in ragione delle diverse circostanze in cui si sono venuti a trovare. Nessuno comunque ha mai tentato di uscire dal proprio ruolo: anche le picconate di Francesco Cossiga negli ultimi mesi del suo mandato non hanno mai messo a repentaglio la solidità delle istituzioni.

Possiamo pensare che siano maturi i tempi, ora che la dittatura è affidata ai libri di storia (tranne che per qualche nostalgico dell’antifascismo militante), per rafforzare i poteri del presidente magari arrivando al modello francese con l’elezione diretta da parte dei cittadini?

Di modelli costituzionali ce ne sono peraltro più di uno, ognuno con i propri pregi e i propri difetti. Il modello tedesco è quello più vicino a quello italiano, con un presidente con un ruolo strettamente istituzionale. Il modello svizzero è ancora più informale con un presidente eletto per un anno a turno tra i sette consiglieri federali: tra l’altro in questo 2022 presidente svizzero sarà Ignazio Cassis, ticinese di origine italiana, titolare del Dipartimento degli Esteri che continuerà a dirigere.

Senza dimenticare che in Europa vi sono ancora molti paesi in cui non c’è un presidente, ma c’è un re (o una regina): in questi casi il ruolo politico è quasi simbolico e tutto il potere sta nel Governo.

Un’elezione diretta del presidente della Repubblica potrebbe replicare il modello elettorale in vigore nei grandi comuni: un voto in due turni con ballottaggio tra i due candidati che hanno avuto maggiori preferenze. Ecco una prima importante differenza: nell’elezione diretta ci si deve naturalmente candidare, mentre nell’attuale sistema ci sono al massimo delle proposte, più o meno concordate, da parte dei partiti.

È peraltro impensabile cambiare solo il metodo di elezione senza modificare la griglia dei poteri del presidente. Ma appare complesso dare maggiori poteri al presidente e ridurre quelli del capo del Governo. Negli ultimi settant’anni non ci sono praticamente mai stati conflitti di competenza tra il Quirinale e Palazzo Chigi. Gli unici episodi riguardano le scelte dei ministri. Il presidente Scalfaro nel 1994 bloccò, e non senza ragione, la proposta di Silvio Berlusconi di nominare il suo avvocato, Cesare Previti, al ministero della Giustizia. E così nel 2018 Mattarella si oppose alla proposta di Giuseppe Conte di nominare Paolo Savona, noto per le sue posizioni antieuropee e anti euro, al ministero dell’Economia nel governo appoggiato da Lega e Cinquestelle.

Di semi-presidenzialismo si è parlato nelle scorse settimane per l’ipotesi, avanzata da Giancarlo Giorgetti, di nominare Mario Draghi alla presidenza, ma lasciandogli, di fatto se non di diritto, ampi poteri di intervento soprattutto sul fronte dell’attuazione del piano europeo di aiuti alla ripresa. Un’ipotesi suggestiva che peraltro potrebbe contare sulla correttezza istituzionale di una personalità come Draghi, un’ipotesi tuttavia che non può tradursi in formalità istituzionale, cioè in una revisione della Costituzione che richiederebbe non solo tempi lunghi, ma anche maggioranze convinte: due elementi che ora non ci sono. In conclusione, appare quindi velleitario pensare di cambiare la Costituzione per risolvere un dilemma strettamente contingente della politica.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login