È banale citare l’universo delle virtù politiche, morali, civili disegnando l’identikit del nuovo capo dello Stato. Idem banale è insistere sulle garanzie richieste al prescelto circa l’equidistanza dalle parti, cioè dalle fabbriche votaiole del consenso. La narrazione del più alto magistero istituzionale racconta che gl’inquilini del Quirinale han sempre rispettato la consegna. Al netto delle precedenti esperienze, archiviate con saggezza.
Perciò l’arruffato discutere di questi giorni appare retorico/inutile, se alla teoria di Letta non s’affianca la pratica. Se sotto ai “tavoli” di Salvini non s’infilano le sedie. Se ai propositi di Conte non s’accostano i nomi.
Al dunque. Risulta sconosciuta una personalità politica che goda tra gl’italiani, e tra i non italiani, d’una stima pari a quella in dote a Mattarella. Non c’è Amato o Casini o Gentiloni; Moratti o Cartabia o Casellati che tenga. Neppure Berlusconi. Un tempo al top della popolarità, oggi non più, a causa di rovesci giudiziari così noti da non meritare l’elencazione. Tant’è vero che la sua candidatura è considerata semplicemente di bandiera anche a destra, dal Capitano e dalla Meloni.
Facciamola breve: resta un solo nome da spendere, estraneo a storie di partito, ma ben dentro la storia del Paese. È quello di Draghi. Lui al Colle assicura sette anni di guida autorevole d’una nazione (ecco il vero patriottismo) chiamata al cambiamento epocale, ottimizzando le risorse del Pnrr dopo la sperabile guarigione dal Covid. Sostituirlo a Palazzo Chigi, con un politico o un tecnico, non sarà un problema per chi ha formato il governo della grande intesa. E ben venga, come accennato da Giorgetti, il semipresidenzialismo di fatto, se inteso al modo d’un ascendente esercitato da Marione, fuoriclasse che il mondo c’invidia, sul suo successore a Chigi. L’intendance suivra, ripeteva De Gaulle: al bene ci si adegua, quand’è nell’interesse collettivo.
Insomma, a finire: realismo, maturità, vista lunga. Guai a perdere Draghi. Guai a perdere l’irripetibile occasione. Guai a declassare un’Italia in formidabile ripresa economica a un’Italietta da marcia indietro.
Ps
Ovvio postillare che un ripensamento di Mattarella in extremis, su richiesta unanime del Parlamento, metterebbe al riparo da eventuali, possibili, dannate sorprese. Non succede. Ma se succede, accoglieremo l’evento come il migliore augurabile in perdurante epoca d’emergenza e angoscia.
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