«Il mio cuore ripete il tuo invito: “Cercate il mio volto!”. Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto» (27,8-9).
Questo linguaggio manifesta la sete di una relazione personale con Dio. Noi conosciamo Dio per sentito dire, ma con la nostra esperienza andiamo avanti, e alla fine, se siamo fedeli, lo conosceremo direttamente.
Come arrivare a questa intimità, a conoscere Dio con gli occhi? Quando il cuore è stolto e lento, non si vedono bene le cose. Per poter contemplare è necessario entrare dentro di noi e far spazio a Dio, perché “Dio è più intimo a me di me stesso” (S. Agostino).
Per vedere Dio bisogna liberare il cuore dai suoi inganni! Questa è una maturazione decisiva: rendiamoci conto che il nostro peggior nemico spesso è nascosto nel cuore.
La battaglia più nobile è quella contro gli inganni interiori che generano i nostri peccati.
Ecco perché è importante capire la “purezza del cuore”.
Il puro di cuore vive alla presenza del Signore, conservando nel cuore quel che è degno della relazione con Lui; solo così possiede una vita “unificata”, lineare, non tortuosa ma semplice.
Il puro di cuore ha imparato a rinnegare in sé il male, riconoscendo quella parte del cuore che è sotto l’influsso del male.
Il cammino dal cuore malato, peccatore, che non può vedere bene le cose, perché è nel peccato,
arriva alla pienezza della luce del cuore per opera dello Spirito Santo. Con lui, attraverso questo cammino del cuore, arriviamo a ‘vedere Dio’. In questa visione beatifica c’è una dimensione futura: è la gioia del Regno dei Cieli verso cui andiamo.
Ma vedere Dio vuol dire anche intendere i disegni della Provvidenza in quel che ci accade, riconoscere la sua presenza nei Sacramenti, nei fratelli, soprattutto poveri e sofferenti, perché lì Lui si manifesta.
Questo cammino di liberazione dura tutta la vita e conduce fino al Cielo. È un lavoro serio, ispirato dallo Spirito Santo se noi gli diamo spazio perché lo faccia. (Papa Francesco)
You must be logged in to post a comment Login