Bruno Lauzi, un personaggio estremamente interessante, un artista a cui non mancava nulla, dotato di quella verve culturale che ha sempre fatto la differenza. Lauzi sapeva prenderti per mano e accompagnarti su sentieri mai percorsi prima, là dove lo spirito scopre la sua reale dimensione, libero di essere se stesso, lontano dalle banalità che svuotano di sostanza la ricchezza della condizione umana.
Con lui ho parlato di poesia, arte, politica, cultura, ho avuto la grande opportunità di capire più a fondo l’intimità di un personaggio televisivo dotato di un carattere forte, attrezzato per ogni tipo di intrattenimento. Ironico, qualche volta anche sarcastico, un po’ filosofo, poeta, ottimo conversatore, capace di anticipare, di portarti fuori dalla mischia, verso orizzonti più puliti, meno inquinati dalla demagogia e dall’ antagonismo, più capaci di farti respirare il profumo di una natura umana colorata di fraternità e di familiarità, con una gran voglia di prendere la rivincita sulle banalità della vita. Lauzi un educatore? Dall’intervista per la pagina di Idee & Società, del giornale La Prealpina emerge una chiara propensione alla riflessione, quella sottile capacità di saper osservare e investigare l’uomo, cogliendone i pregi e i difetti senza mai infierire, animato dalla volontà di uscir fuori dall’ambiguità di comportamenti dettati spesso dall’ignoranza.
Nell’ampiezza del suo talento vocale e musicale, apriva l’animo alla conoscenza di quella sua finissima vocazione investigativa, che si accompagnava alla sua natura artistica, vicina all’uomo, ai suoi bisogni e alle sue necessità. Un Lauzi profetico osservatore dei comportamenti umani, artista che sapeva indagare e vivere la spettacolare multiformità della bellezza mescolato tra la gente, come uno dei tanti. Lauzi, un cantante dotato di una energica formazione umanista, di un’ampia visione liberale, lettore della vita formatosi nello spirito insieme a quel Piero Chiara con cui aveva intrattenuto una lunga condivisione ideale nella città di Varese.
Parlandogli, ho avuto l’impressione di trovarmi di fronte un piccolo, grande uomo, con un animo aperto all’evoluzione umana, alle sue speranze, alle sue illusioni e alle sue delusioni. A un certo punto del nostro colloquio mi ha detto: “Possibile che nessuno più insegni ai ragazzi e magari nel doposcuola ai genitori dei ragazzi che si ceda il posto sugli autobus agli anziani, che non si sputi per terra, che non si buttino le cartacce, che non si dicano bestemmie, là dove c’è gente che potrebbe soffrirne?”. È anche con questi pensieri che il genio di “Genova Per Noi” sapeva gettare malinconicamente il suo sguardo sulla crisi di una società sempre più avvolta nelle spire di un esacerbato consumismo, con quella sua attenta sensibilità educativa che si sposava bene con la sua attività artistica, rivolta ai giovanissimi e a quel mondo animale che ha ispirato la favolistica mondiale. Passando per le strade dei nostri paesi e delle nostre città (Lauzi ha vissuto a lungo a Varese, ndr) non si può non ricordare il piccolo, grande uomo, i suoi messaggi così ancora vivi nell’animo di chi all’educazione crede sul serio, senza se e senza ma.
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