(S) Scommetto che vorreste parlare di presidenzialismo. Ribadisco che l’elezione diretta è l’unico modo per ricondurre gli italiani al voto.
(C) Temo che aggiungeremmo legna al fuoco della confusione. Non è un argomento attuale, il prossimo presidente sarà eletto con le regole e i poteri attuali e se non sarà Mattarella bis avremo molti anni di tempo davanti. Vi propongo invece di affrontare un tema di attualità, solo apparentemente minore: l’esame di maturità e la richiesta di molti studenti di non svolgere la prova scritta d’italiano.
(O) Ma che cos’è la maturità? È accertabile con un esame? Differisce da un esame ‘di stato’ che sarebbe dedicato soprattutto ad accertare la conformità della futura classe dirigente ai dettami della cultura ‘di stato’ dominante? A me sembra un residuo della riforma di Gentile, hegeliana, che è forse peggio che fascista, benché la sua durezza/serietà sia stata edulcorata assai dal 1969 in poi. Non sarebbe meglio addirittura pensare ad una diversa prova finale per le scuole medie superiori?
(S) Le ‘riformine’ del sistema scolastico, fatte a pezzi e bocconi, mai complete, mai ispirate ad un solido criterio unitario, di volta in volta usate per vezzeggiare gli alunni, per strappare un accordo sindacale, per compiacere il lassismo generale, hanno fatto più male che bene. Ovvio che la proposta di non svolgere l’esame scritto d’italiano è una solenne cretinata è può essere avanzata solo da chi ha una mentalità da twitter o da emoji. Ma che vogliono di più? Il 99% è promosso. Oggi gli esami non cominciano mai, per smentire Eduardo. Ai miei tempi ci lasciavano le penne due o tre per classe. Per non parlare dei professori. I presidenti di commissione erano professori universitari che valutavano la preparazione della classe e della scuola. Ammetto, la severità era eccessiva, guidata da un criterio nozionistico, talvolta sorretto da pregiudizi ideologici. Pochi anni dopo mi capitò di portare una classe alla maturità, come supplente, al culmine del ’68. Era ovviamente calata la preparazione degli studenti, impegnati nel corso dell’anno più in manifestazioni e assemblee che nello studio, ma anche la qualità di alcuni degli esaminatori. Ho motivo di credere che la situazione sia andata sempre peggiorando. Concludo e non vi sembri strano: così com’è oggi la maturità non serve a nulla. Bisogna avere il coraggio di restaurarla o di abolirla. Le università pensino alla loro selezione in ingresso, per le professioni tecniche che richiedono un’abilitazione, è ormai tempo di spostarla ad un vero esame di capacità professionale, acquisibile al termine di un praticantato o, meglio, di un corso di ITS, istituto tecnico superiore, ben articolato in alternanza di scuola e lavoro.
(O) Stranamente sono d’accordo con Bastiano in quasi tutto. Ma devo rilevare che uno dei mali che la scuola fa fatica a curare è la dispersione scolastica, diffusa in tutti i livelli, ovviamente in misura maggiore in quelli più alte e, drammaticamente, all’università. Questo vuol dire che, oltre alle competenze, non sono state formate anche e forse soprattutto le capacità morali, relazionali e di carattere che oggi si chiamano abilità non cognitive. Di queste ultime occorre tener presente una cosa importantissima: il loro sviluppo dipende in gran parte da un approccio positivo alla vita, oggi non più garantito dall’educazione familiare o da altre realtà culturalmente definite. Toccherebbe alla scuola, ma non ne ha la capacità, anzi nemmeno se lo pone come obiettivo.
(C) Da lati opposti, oggi avete detto voi tutto il necessario. Aggiungo solo che dalle vostre considerazioni nasce il desiderio di mettere in discussione non solo l’esame di maturità, ma a maggior ragione tutto l’impianto educativo, specie della scuola dell’obbligo e di quella professionale, come i luoghi dove prima d’imparare le competenze si forma la personalità. Dopo è troppo tardi.
(S) Sebastiano Conformi (C) Costante (O) Onirio Desti
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