In un momento storico piuttosto complicato per il ciclismo varesino, dopo un lungo periodo in cui i corridori di casa hanno vinto tantissimo, facendo incetta anche di maglie rosa e gialle, a tenere più in alto il blasone delle due ruote targate Varese è sicuramente Alessandro Covi.
Tainese, 23 anni compiuti lo scorso 28 settembre, Covi è l’unico ciclista della nostra provincia a gareggiare per una formazione World Tour, la UEA Emirates, che lo ha messo sotto contratto due anni fa dopo una bella carriera a livello giovanile. Alessandro non ha ancora vinto in questi primi due anni da professionista ma si è comunque già tolto diverse soddisfazioni: secondo al Giro dell’Appennino 2020, in una stagione ridotta a causa della pandemia, poi, quest’anno, secondo al traguardo di Montalcino e terzo sullo Zoncolan al Giro d’Italia, quinto alla Clasica de San Sebastian e terzo al Giro di Sicilia (dietro a Nibali e a Valverde…), prima di conquistare il Trittico della Regione Lombardia grazie agli ottimi piazzamenti nelle tre gare in calendario (secondo alla Coppa Bernocchi, nono alla Tre Valli Varesine e terzo alla Coppa Agostoni).
Alessandro è figlio e nipote d’arte: lo zio è Roberto Giucolsi, campione italiano tra i dilettanti e poi professionista per tre stagioni con qualche successo all’attivo, ma anche mamma e papà hanno gareggiato in gioventù pur senza giungere alla notorietà. «Ma la scelta della bicicletta – spiega Alessandro – è solo mia: se è vero che sin da bambino ho “respirato” ciclismo in famiglia, è anche vero che ho provato altri sport prima di scegliere le due ruote. Ricordo che mio padre mi accompagnò a vedere una gara di Primavera a Oleggio e mi innamorai, anche se confesso che le prime volte in gara me la facevo un po’ addosso: mi piaceva allenarmi ma amavo meno la competizione, che mi dava un po’ di apprensione».
Ricorda la sua prima vittoria?
«A Morbegno, al Trofeo Lombardia riservato alla categoria Primavera, gareggiavo con la maglia della nostra provincia».
Quando ha compreso che il professionismo sarebbe stato un traguardo possibile?
«Da Under 23 ho disputato un paio di ottime stagioni ma già da juniores mi ero reso conto di avere delle qualità. Tutto era naturalmente ancora molto vago…».
La prima vittoria da professionista non è ancora arrivata, ma firmare per una squadra come la UAE Emirates è stato già un enorme successo…
«Certamente, e lo è stato anche soltanto sapere che altre squadre di vertice si erano interessate a me. Poi la scelta è caduta sulla UAE Emirates».
Gareggiare per una grande squadra può in teoria essere anche controproducente per un giovane se gli vengono affidati solo compiti di gregariato…
«Per fortuna questo non è avvenuto e già nella mia prima stagione da professionista ho avuto un po’ di spazio. Nel 2020 abbiamo gareggiato pochissimo ma ho avuto la conferma che qualcosa avrei potuto fare».
Quest’anno c’è stato un bel salto di qualità…
«Sì, un po’ di esperienza in più e la consapevolezza di poter stare a certi livelli mi hanno aiutato. Il Giro d’Italia mi è servito tantissimo per questa crescita: arrivavo da un infortunio, una tendinite, e non sapevo che cosa avrei potuto dare, soprattutto speravo di non peggiorare. Invece, tappa dopo tappa, ho acquisito fiducia e ho colto un paio di ottimi piazzamenti».
Tra questi il terzo posto sullo Zoncolan. Com’è questa salita? Davvero dalle nostre parti non ce n’è una che riservi queste difficoltà?
«Abbiamo scalato lo Zoncolan dal versante più agevole, penso che dall’altra parte… si sarebbe ribaltata la bici! In provincia di Varese c’è solo una salita con quelle pendenze, è sopra Dumenza, un tratto di circa tre chilometri terribili che io chiamo Alpone ma che penso non abbia neppure un nome; a un certo punto la strada finisce e bisogna tornare indietro. Cuvignone e soprattutto San Michele sono salite durissime ma di altro genere, con caratteristiche diverse».
Quest’anno si è più volte piazzato tra i primissimi: è maggiore la soddisfazione di vedersi comunque protagonista o il rammarico per un successo sfuggito magari per pochissimo?
«Una risposta a questa domanda la darà il futuro. Io sono soddisfatto di ciò che ho fatto sinora e spero che l’esperienza di questi due anni mi sia servita per evitare eventuali errori in futuro».
Programmi e obiettivi per il 2022…
«Conto di partecipare al Giro d’Italia e una vittoria di tappa, dopo il secondo e il terzo posto di quest’anno, sarebbe il massimo».
Lei è compagno di squadra di Tadej Pogacar: com’è questo fuoriclasse “visto da vicino”?
«Che Tadej sia un fenomeno in bicicletta lo vediamo tutti. Ma è anche un bravissimo ragazzo, umile, disponibile, che sa trattare tutti quanti allo stesso modo, con il medesimo rispetto».
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