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Gente comune

DIO SOLO LO SA

DEDO ROSSI - 19/11/2021

giudeo

Un Giudeo con il gozzo alla decima Cappella

In questo tempo in cui si vorrebbe sempre più spingere fuori dalla porta la tematica religiosa, non ci accorgiamo più che anche il nostro linguaggio è intriso di senso cristiano. Fa parte del nostro parlare quotidiano, dei modi di dire.

Quando da ragazzo mi comportavo male e raccontavo bugie, mia madre mi sgridava dicendo che ero un giudée. Completando la frase con la precisazione strettamente varesina: giudée de la decima capèlla, con riferimento alla cappella della Crocifissione, appunto la decima sulla via del rosario del Sacro Monte. E, quando restavo male per essere stato sgridato, la zia mi chiedeva come mai avevo quella faccia da Madòna Addoloraa. Anche qui con un riferimento varesino alla statua della Madonna nella basilica di San Vittore.

Ma ancora oggi nel linguaggio comune i riferimenti cristiani sono numerosi e spesso sconosciuti. Fare da capro espiatorio: con riferimento al sacrificio di un capro per l’espiazione del popolo ebraico durante lo Yom Kippur (Levitico 9; 15). Guadagnare il pane col sudore della fronte, che rimanda ad Adamo dopo il peccato originale (Genesi 3; 14-19). E ancora: Seminare zizzania (Matteo 13; 24-42), Niente di nuovo sotto il sole (Qoelet 1; 9), Manna dal cielo (Esodo 18), Nessuno è profeta in patria (Luca 4), Chi cerca trova (Matteo 7), Mea culpa (Salmo 51). E potremmo proseguire.

Molti modi di dire, dicevamo, hanno riferimenti cristiani. Pensiamo ad esempio ad Aspettare il Messia, È un calvario, Dio solo lo sa, Grazie a Dio, In un amen, Per l’amor di Dio. E non pensiamo più ormai che frasi comuni come Andare a farsi benedire, Accendere un cero, Capire l’antifona, Fare una croce sopra, Mettere in croce, Dio solo lo sa, L’ira di Dio, tutte quante abbiano una origine cristiana. Quando nel linguaggio comune si parlava di una donna

La pecorella smarrita

La pecorella smarrita

che aveva preso una “brutta strada” la si definiva una “pecorella smarrita”. Senza immaginare che il riferimento era in Luca 15. E parlando di una persona colpita dalle disgrazie della vita lo si definisce ancora “un povero Cristo”.

Di fronte alla lamentela su un piatto preparato per cena, mia madre rispondeva che bisogna “prendere quel che passa il convento”. Davanti ad alcune mie ingenuità nei rapporti con gli altri, commentava che non si può sempre fare “il buon samaritano”. E quando era nervosa aveva “un diavolo per capello”. Se non credevo a una sua affermazione ero “come san Tommaso”. E che con me ci voleva “la pazienza di Giobbe”. Davanti alla mia pigrizia al mattino mi sollecitava chiedendomi “Aspetti il Messia”? O, se era di buon umore, mi gridava dalla cucina: “Alzati e cammina”. Altre volte, disarmata, commentava che ero “il suo Calvario” perché sembrava che aspettassi “la manna dal cielo”, con il rischio di perdere il pullman. E “Dio solo lo sa” perché ero così lento nel prepararmi al mattino. Insomma, ero proprio un “un lazzarone”, parola che nessuno collega più ormai a Lazzaro, l’amico di Gesù del noto racconto evangelico.

Quando mio padre, per quieto vivere, non voleva prendere una posizione circa un problema familiare lo accusava di “lavarsene le mani”. E non pensava certo che questa frase aveva un riferimento in Matteo 27. E poi ancora: tornando dal supermercato affollato commentava che era “come l’arca di Noè”. Quando descriveva in modo positivo un avvenimento, al posto di “Evviva”, usava dire “Alleluia”. E se uno stava bene, era felice e soddisfatto, “stava da Papa”, anche se questo non avveniva sempre ma solo “ogni morte di Papa”. E poi “morto un Papa se ne fa un altro”, tanto per continuare con i pontefici.

Il profeta Abacuc

Il profeta Abacuc

Se tiriamo le somme, in fin dei conti, ci accorgiamo che siamo tutti intrisi di cristianesimo, che appartiene alla nostra storia, alla nostra memoria, alla nostra arte, al nostro linguaggio. Ci piaccia o no.

Insomma che forse non è solo una cosa da “vecchi bacucchi”. A proposito, anche questo è di origine cristiana: con riferimento al profeta Abacuc, che la tradizione vuole vecchio, anzi vecchissimo.

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