Alla fin della fiera, non si sa bene che cosa sia uscito dalla conferenza sul clima di Glasgow, il Cop26, ma, qualunque cosa sia, non basta. Non è sufficiente come prospettiva per la difesa dell’ambiente e non basta neanche come strategia complessiva per un riequilibrio sull’uso delle fonti energetiche. Per essere sicuri di aver capito bene quel che è successo in queste due settimane di meeting in Scozia, bisognerebbe aver la pazienza di aspettare i resoconti completi. Ma non è il caso di indugiare ancora, perché è un argomento vitale. E purtroppo, a caldo, la sensazione che si ha è quella di aver assistito ad un grande evento mediatico, in cui sono stati discussi troppi argomenti e dove si sono stati fatti troppi compromessi, con addosso troppe luci della ribalta. L’impressione è quella di essere dentro un gran polverone in cui, ovviamente, non c’è nulla di chiaro.
Ma a pensarci bene non convincono neanche le critiche alla Conferenza, quelle riassumibili nell’espressione diventata virale del bla bla bla, perché son critiche che sanno dire solo “no”, senza indicare quale dovrebbe essere l’alternativa all’abolizione dell’uso di energie fossili, come petrolio e carbone. Siamo tutti d’accordo che i gas serra vadano abbattuti. Bisogna evitare assolutamente una produzione eccessiva di anidride carbonica che determina l’aumento delle temperature. Da cui, l’innalzamento dei mari, col rischio, ancora una volta, che si riaffacci la possibilità che città come Venezia siano invase dall’acqua, dopo il grande impegno appena compiuto per difenderla. Bisogna scongiurare che i nostri ghiacciai si sciolgano come sta accadendo, perdendo quelle preziose riserve d’acqua, essenziali per la vita delle nostre città.
Ma il cambiamento climatico che vorremmo, per porre rimedio anche alle nostre azioni sconsiderate a scapito dell’ambiente, non si realizza in un batter d’occhio: ci vogliono decenni. Nel frattempo in qualche modo si dovrà garantire l’impiego di energia per far lavorare le industrie, per la mobilità di auto, camion, navi, per riscaldare le case, ecc. E sappiamo bene che per sopperire a tutto questo non basta né l’energia eolica né quella solare. Ci vuole altro e per questo si riaffaccia all’orizzonte anche l’energia nucleare che in qualche modo ha fatto capolino anche al Conferenza Cop26. Un tema che dire divisivo è dir poco. Mentre altre soluzioni possibili come l’idrogeno rimangono nell’ombra. Per la verità, soprattutto di questi tempi, qualcosa compare sui giornali, ma rimane confinato quasi sempre nelle ultime pagine.
Per quel che se ne sa, si tratterebbe di energia pulita – si parla anche di idrogeno verde – sostanzialmente infinita e non destinata ad esaurirsi come il petrolio. Disponibile per tutti e probabilmente con l’andare del tempo, anche a poco prezzo. Perché non se ne parla come meriterebbe? Perché a Glasgow non è stata trattata come si deve? Certamente, non ha interesse a parlarne chi produce petrolio e chi usa carbone per produrre energia elettrica, ma un convegno internazionale come quello che si è appena concluso e che ha riunito il mondo intorno a un tavolo, avrebbe dovuto farlo e lo dovrebbe fare ancor di più chi si propone come censore e pretende di indicare la strada agli altri. In questo modo l’età del carbone non finisce più e i giovani, che manifestano con entusiasmo, rimarranno delusi.
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