Il “partito dei sindaci” fu l’ipotetica formazione che attirò un gran bla bla negli anni scorsi. Giustificato da un’evidenza: alcuni/molti di loro, gli amministratori locali, erano il meglio espresso dal ceto politico. Dunque perché non elevarli di grado, assegnargli una missione sovraccomunale, favorirne l’influenza su Camera e Senato magari grazie a un inedito partito?
L’idea si perse, di chiacchiera in chiacchiera, a causa di resistenze antiche e tenaci. Capitò che qualche sindaco fosse arruolato nelle assemblee legislative e perfino nel governo (di scuola il caso Del Rio, ex primo cittadino a Reggio Emilia, poi deputato e ministro dei Trasporti con Renzi premier), ma furono episodi isolati e lontani dall’idea di favorire “Cose nuove”.
Ora non son queste a essere reclamate. Semplicemente consta -rilievo di giorni fa all’assemblea dell’Anci a Parma- che senso pratico, dinamismo, aggancio territoriale dei sindaci meritano un urgente riscontro nazionale, preso atto di due osservazioni: 1) lo sfilacciarsi della credibilità di quanti si sono impancati negli ultimi anni a Montecitorio /Palazzo Madama, e d’alcuni partecipi degli esecutivi a guida Conte; 2) l’importanza di valorizzare figure in grado di servire all’optimum l’Italia, bisognosa di lungimirante competenza nello spendere i quattrini europei per ricostruzione e rinascita.
Nei pour parler a latere del convegno, la riflessione ha coinvolto un gruppo di neoeletti del Pd. Felici delle conquiste municipali, scontenti della distanza che li separa dalla casa madre di Roma. Da qui la richiesta, ora sottaciuta ma che troverà formalizzazione, di venire come minimo ascoltati con attenzione dal segretario Letta; e come massimo d’essere assegnatari di cariche determinanti all’interno della macchina di partito. Si sogna una duplice veste degli uomini-guida nelle città: quelle a maggior popolazione e rilevanza economico-sociale; quelle periferiche eppur cruciali, data la collocazione strategica nel tessuto urbano nazionale. E si sogna che venga stretto con loro una sorta di “doppiopatto”.
Il pensiero corre, non casualmente, a Varese. Capoluogo d’un territorio a vocazione mista (industriale-commerciale- culturale), terra di confine con l’Europa tramite la Svizzera, stazione di passaggio obbligata nella linea pedemontana ovest-est e altro ancora. Se il nostro sindaco, come molti omologhi non solo nel Pd, fosse depositario d’un rango di nomenklatura che lo rendesse più autorevole agli occhi del leader maximo, ne guadagnerebbe il coordinamento delle iniziative funzionali a progresso e sviluppo generali. Non solo locali. Mica bruscolini, come ognuno capisce. O dovrebbe capire. Archiviato il “Partito dei sindaci”, non lo è il Pnrr: diverso nome, medesima sostanza. Il vero “Partito Nazionale dei Reclutatori di Risorse”.
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