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Società

GIOVINE ITALIA

FELICE MAGNANI - 12/11/2021

giovaniUn paese rinasce quando capisce da dove deve cominciare, quale percorso deve attivare e quale meta vuole raggiungere. Per ritrovare la via bisogna affidarsi al buon senso, alla concretezza, alla volontà, all’entusiasmo, all’autostima, all’onestà, all’idea che siamo tutti protagonisti, nessuno escluso. Spesso quelli che consideriamo maldestramente gli ultimi, potrebbero essere proprio quelli che ci consentono il salto di qualità, dimostrando che non sempre gli errori commessi sono una copertura tombale e che in molti casi, invece, possono essere il trampolino di lancio per una visione più chiara della vita individuale e di quella collettiva.

E da chi, se non dai giovani, è necessario partire? Chi se non i giovani sono la struttura portante di una società che ha un assoluto bisogno di intelligenza, energia, volontà, creatività e voglia di fare? Certo i giovani vanno incoraggiati, capiti nelle loro difficoltà, sospinti vero una presa di coscienza di quello che è e che sarà il loro ruolo nella società: hanno solo bisogno di chi li sappia comprendere, di chi sappia valorizzare le loro potenzialità che, nella maggior parte dei casi, sono tante e molto importanti.

Per troppo tempo gli educatori sono mancati. Sono mancati proprio in quella parte fondamentale dell’educazione che dovrebbe avere il compito di far conoscere, valorizzare, accompagnare, aiutare a capire che la vita non è un bene da sottovalutare, ma da salvaguardare, un bene che ha bisogno di manutenzione continua e di buoni motivatori, che sappiano far pensare e riflettere sulla bellezza di una presenza dinamica, attiva e operativa, capace di mettersi fin da subito in un rapporto vivo e dinamico con la realtà.

Spesso i cosiddetti grandi, gli adulti per intenderci, pensano troppo ai loro affari, che sono diventati nella maggior parte di natura pecuniaria. La scuola è spesso troppo vincolata alle competenze, a una sorta di stereotipia congenita, bloccata su sistemi e tradizioni che sono di gran lunga superate da quel tipo di evoluzione sociale e culturale che sta caratterizzando la società attuale. Dunque meno vincoli e più aperture, meno astrazione e più concretezza: i nuovi modelli educativi hanno bisogno di una pienezza valoriale molto più ampia, meno aggressiva e più collaborativa, più rivolta all’esterno, a costruire un rapporto sinergico con il territorio e le sue richieste. Non prendere in seria considerazione a tutti i livelli la vocazione giovanile all’essere e al fare, significa non aiutare la società in cui viviamo a diventare sempre un pochino più grande, più capace di essere competitiva con le richieste di un mondo orientato a una visione più aperta e solidale, capace di armonizzare le diversità.

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