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VANAMENTE

MARCO ZACCHERA - 12/11/2021

I “grandi” del G20 alla Fontana di Trevi

I “grandi” del G20 alla Fontana di Trevi

E se la verità fosse semplicemente che “Il re è nudo”, ovvero che i presunti “grandi” della terra, quelli che si incontrano periodicamente ad ogni angolo del pianeta, lo facciano soprattutto per raccontarsi e farsi raccontare, ma che alla fine tutti questi G8, G7, G20, G26 etc… non servono praticamente a nulla?

Di sicuro costano una bella cifra ai Paesi ospitanti, mobilitano piazze, proteste e forze dell’ordine in quantità, ma alla fine – dopo foto di gruppo sempre più affollate – spesso neppure un topolino esce dalla pancia dell’elefante. Per carità: mille dichiarazioni congiunte, bilaterali, multilaterali, promesse ed impegni solenni… ma in concreto? In concreto è ben difficile decidere qualcosa quando le necessità e le priorità sono ben diverse per ogni singolo convenuto che pensa soprattutto alle grane e alla propria immagine in casa propria e sa bene – vale almeno per i leader democraticamente eletti – che comunque ben difficilmente dovrà poi personalmente onorare gli impegni più o meno presi in queste solenni circostanze.

Ecco perché vedere i presunti “grandi” della terra ridursi a buttare monetine nella Fontana di Trevi come fossero una chiassosa scolaresca in vacanza sembrano più una

“piece” pubblicitaria per il turismo italiano che altro. In questo senso è stato apprezzabile l’impegno di Draghi per voler concentrare un po’ di attenzione sulle bellezze storiche di Roma e del nostro Paese, ma in quanto a risultati il vertice romano si è chiuso (come prevedibile) in un sostanziale nulla di fatto almeno sui punti fondamentali, con una veloce ripartenza del circo verso Glasgow dove i “supergrandi” temo si siano più o meno ripetuti a vicenda di nuovo le solite cose.

Sul clima, per esempio, si moltiplicano appelli e summit ma poi al concreto non arrivano decisioni vincolanti e, anzi, ciascuno cerca di tirare per le lunghe i danni del vicino, annacquando perfino quanto ormai già deciso da tempo. Se poi, proprio nei giorni di Glasgow, la Cina annuncia di voler aumentare di un milione di tonnellate al giorno (!) l’estrazione di carbone mi sembra che si remi in modo apposto alla vulgata corrente.

Né i G20 servono per sottolineare crisi o risolvere tensioni che possono facilmente appiccare un fuoco planetario: di conflitti tra Taiwan o Cina, per esempio, non si parla; di diritti umani neppure (chi è senza peccato scagli la prima pietra). Anche sulle patenti di democraticità c’è un po’ di confusione: se Putin viene tenuto in disparte perché potenziale dittatore, che ci azzecca al G20 la presenza dei vertici dell’Arabia Saudita che notoriamente non guidano né interpretano un Paese democratico, campione dei diritti umani o delle pluralità religiose? Difficile

comunque pensare che l’Arabia voglia smettere di vendere petrolio, così come pensare che la Cina – che da decenni fa incetta di materie prime impoverendo il​ mondo e l’Africa in particolare – rinunci alla propria politica di sfruttamento ambientale.

Per non sbagliare l’Italia continua a vendere armi all’Arabia e a trattare con Pechino. Sulla pandemia non è giunta – altro esempio concreto – una dichiarazione forte per esempio di contenimento dei costi dei vaccini che pur danno vita a speculazioni enormi ed immorali, eppure sarebbe stato il momento buono per “calmierare” i prezzi a livello mondiale con un po’ di resistenza allo strapotere delle multinazionali farmaceutiche, oltretutto finanziate dagli stessi governi.

Ecco perché il week end di Roma non è sembrato rappresentare una svolta da inserire un domani negli annali di storia, ma al più un appuntamento dovuto cui non si poteva rinunciare, anche se alla fine è venuto a sovrapporsi al successivo meeting scozzese.

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