I no-vax possono invalidare i vaccini, i no green pass il valore di questa certificazione, ma non possono confutare la forza di gravità, la velocità della luce o altre verità assodate perché la scienza, fondata su ipotesi, convalidata con l’esperimentazione, è basata su elementi razionali che possono offrirci vantaggi particolari in concreto, ma che devono affrontare e cercare di comprendere soprattutto questo problema della vita: “Qual è il bene di tutti”?
Mi sono sovvenuto di questo assioma dei pre-socratici e definito da Platone, seguendo i lavori del G20 a Roma e successivamente il meeting COP26 organizzato dall’ONU a Glasgow: i glaciologi hanno denunciato lo scioglimento dei ghiacciai con i loro effetti sui sistemi metereologici e sui crescenti rischi di siccità, alluvioni, uragani; i biologi hanno manifestato le alterazioni della biodiversità e degli ecosistemi con le loro conseguenze sulla nascita e sulla diffusione di pandemie; i sociologi hanno messo in guardia sulle insufficienti esigenze alimentari delle popolazioni, sulle loro condizioni di salute e sui fenomeni migratori; gli economisti sugli innumerevoli altri fattori sociali con conseguenze sugli equilibri politici, sulla sicurezza globale e sui livelli di conflittualità.
I politici hanno fatto sintesi e avrebbero dovuto tenere presente il bene collettivo da compiere tutti assieme per salvare il pianeta. E così, purtroppo, non è avvenuto.
Secondo i dati recenti più consolidati sappiamo che il CO2 emesso nell’atmosfera è determinante nel produrre l’“effetto serra”. Oggi l’UE produce CO2 attorno all’8% del totale emesso nel pianeta, mentre la Cina produce il 29%, gli USA il 18%. Nei Paesi arabi l’emissione di CO2 è aumentata negli ultimi anni dell’84% e nei Paesi in via di sviluppo dell’80%. Il mondo intero deve fare esercizio di responsabilità, coniugando fin d’ora con visioni lunghe, la capacità d’immaginare novità di vita, costruendo così il futuro.
Il G20 ha fatto registrare, con fatica, l’accettazione di tutti, Cina, India e Arabia Saudita comprese, di mantenere l’aumento del riscaldamento dell’atmosfera a 1,5 gradi, così come era stato deciso alla conferenza di Parigi del 2015 con le riserve della Cina, dell’India e della Russia. Un risultato raggiunto a metà è l’impegno comune perché la “neutralità climatica” (cioè il saldo tra emissioni di CO2 e la loro cattura) sia raggiunta “entro o attorno alla metà del secolo”. Questo impegno dovrà essere più esplicitato con la definizione di precise modalità perché diventi effettivamente operativo.
Molti Paesi hanno compiuto dei passi in avanti nella lotta all’inquinamento globale. Ad esempio, la Cina è scesa dal 71% del 2008 al 58% attuale, ha aumentato la componente della produzione di energia da fonti rinnovabili, in particolare quella idroelettrica.
Ma accanto a Paesi virtuosi, ci sono stati altri che sono ignari della catastrofe a cui stiamo andando incontro. Sono preoccupati degli enormi costi economici, sociali e politici che la transizione ecologica comporta, mentre i disastri climatici sono sempre più difficili da gestire e prospettive sempre più cupe per l’umanità avanzano. Occorre essere responsabili. E per essere tali occorre coinvolgere la propria interiorità. La responsabilità non può essere vissuta con superficialità, con cortei, slogan e forme emozionalistiche. È necessario pensare insieme, far crescere il senso di appartenenza ad un’unica famiglia umana. Così la responsabilità diventa corresponsabilità.
È la stessa razionalità che ci rimanda alla Terra: il nemico non è extraterrestre, è in noi stessi, nei nostri egocentrismi e perfino nel nostro stesso modo di pensare. L’uomo non è il solo soggetto in un mondo di oggetti che Capitalismo e Marxismo non possono più esaltare come “la vittoria dell’uomo sulla natura”. Per troppo tempo abbiamo pensato di poter diventare padroni e possessori della Terra, conquistatori del cosmo. Oggi salvare la vita sulla Terra è un’emergenza della storia. E, in questa emergenza, l’individuo deve comprendere che non si può salvare da solo e che l’ambiente è un ecosistema, dove la totalità di viventi si organizza per combattere i pericoli più insidiosi da lui stesso creati.
L’impegno per salvare il pianeta non è, dunque, un obbligo per i soli “grandi” della terra, ma un dovere di ognuno.
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