Passate giornate splendide di sole ed aria limpida, cristallina, mentre la natura si stava riempiendo di colori caldi, abbandonando i verdi maturi di fine estate. La gioia di vivere il succedersi delle stagioni è una grande esperienza che nel suo ripetersi consola la nostra infinita sete di vita, noi che sentiamo dentro il desiderio d’infinito che l’evolversi del tempo cancella.
Tutto può volare via come un soffio perfido di vento.
I nostri comportamenti purtroppo cancellano questi momenti delicati e fragili: quattro anni fa, in un periodo stagionale analogo, una serie di incendi sconvolse le nostre montagne e in particolare il nostro Campo dei Fiori, che perse in pochi giorni le sue caratteristiche paesaggistiche. Ciò avvenne nonostante il grande impegno messo in atto da parte delle Autorità dei Comuni del Parco e nonostante la messa in atto di tutte le tecniche di spegnimento da parte dei vigili del fuoco, della Protezione Civile e dei tantissimi generosi volontari che dedicarono giornate intere e ripetute per cercare di contenere il disastro in termini il più accettabili possibile. Sorse il sospetto che l’incendio non fosse dovuto a autocombustione, ma fosse stato innescato da criminale mano dell’uomo.
Il risultato è stato drammatico e i colori stagionali della nostra montagna sono cambiati; in primavera, a esempio, i verdi delicati della ripresa della vita naturale erano punteggiati da numerose fioriture dei ciliegi selvatici: ora non più. Durante l’estate ampie chiazze di terreno brullo, non più protetto dalle selve che l’abitavano,” sparano” il loro aspetto desertico dai dossi, alternati dai punti fortunatamente risparmiati dalle fiamme. E su quei terreni quando torneranno gli alberi? Quando rifioriranno i narcisi primaverili e i ciclamini nell’estate? Quando potremo raccogliere nuovamente i funghi le cui spore sono ora mortificate delle ceneri?
Adesso, in occasione di piogge anche modeste, senza più la provvida spugna vegetale, i torrentelli che scendono dal monte si trasformano in fangose masse d’acqua che si riversano sui campi e sulle case dei territori dei Comuni ai piedi della nostra montagna, Sono acque talmente pericolose che, circa un anno fa, un appassionato di “running” che si era avventurato sui sentieri nonostante il maltempo perse la vita.
Quanto detto è stata una esperienza nostra, ma quanti incendi in Italia nell’estate scorsa!
Il non rispetto, l’aggressione della natura, importante per l’habitat in cui siamo immersi, è un dramma che caratterizza l’agire dell’uomo da un certo punto della sua storia in poi, in particolare dall‘epoca della rivoluzione agricola. Fin quando l’uomo viveva come cacciatore e raccoglitore, i segni della sua presenza non erano devastanti. Va sottolineato che la popolazione di quei tempi era minima, specialmente se confrontata con l’immensità di quella dei nostri giorni, per cui la devastazione che ora creiamo è incommensurabile perché perpetrata con interessi egoistici di sfruttamento, esasperati dalla nostra ignoranza dei limiti della natura e anche dalla mancanza delle minime norme di igiene ecologica.
È una problematica molto preoccupante, tanto che è stato organizzato il G20 a Roma proprio in questi giorni su questi temi per cercare accordi internazionali per il contenimento del riscaldamento globale, proiettando la visione sul futuro delle generazioni che verranno. Restano allarmanti i punti di vista di certi partecipanti e in particolare l’assenza di grandi nazioni che rappresentano forse il 25-30 % del genere umano e che pare non si rendano conto dei drammi che stanno dietro a certi sfruttamenti, come invece molti dei partecipanti al quasi contemporaneo convegno di Glasgow denunciano.
Situazione da far venire i capelli grigi, come talvolta si dice. Per darci una minima consolazione è stato detto che a Roma sono state poste le basi per futuri accordi: sarà vero?
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